Elezioni comunali 2021, Giuseppe Conte al debutto fa lo scaricabarile: il crac del M5s
Il miracolo non c'è stato. E, probabilmente, Giuseppe Conte neanche se lo aspettava. Così, nel commentare la prevedibilissima batosta rimediata dal Movimento 5 stelle alle amministrative, l'ex premier ha potuto limitarsi a rilanciare il leit motiv della vigilia, quel «non è colpa mia» che prudentemente aveva già fatto risuonare nelle scorse settimane.
«Sapevamo che sarebbe stata difficile, ma questo per noi è il momento della semina. Il progetto di rinnovamento del MSS è a medio-lungo termine, chiederà del tempo per alimentare i gruppi territoriali e i forum tematici. Già ora ci sono segnali molto incoraggianti, penso a Napoli e Bologna, altri meno incoraggianti. Ma certo non pue) essere il primo passaggio che pue) condizionare la solidità e la forza di un progetto politico».
Chiede tempo, Giuseppe Conte. Ma non è chiaro se i suoi competitor sono disponibili a concederglielo. I segnali, da questo punto di vista, sono tutt' altro che incoraggianti. Tra le dichiarazioni del dopo voto, due sono particolarmente significative. Una la pronuncia Enrico Letta. A chi gli chiede se Conte è ancora un fortissimo punto di riferimento del centrosinistra (copyright Zingaretti), il segretario del Pd oppone poche lapidarie parole: «Quella era un'altra fase». Il progetto dell'avvocato di interpretare la leadership del fronte progressista, insomma, sembra già relegato al passato. L'altra mazzata arriva da Virginia Raggi, che sceglie di commentare la sconfitta nella Capitale con una sola frase: «Al momento a Roma sono l'unica che sta tenendo testa alle corazzate del centrodestra e del centrosinistra con la lista Movimento 5 Stelle e le mie liste civiche».
Un'uscita che assomiglia molto a una discesa in campo nell'agone nazionale, a interpretare il fronte ortodosso dell'universo grillino. Quello che non vuole morire piddino e che ritiene che «nell'alleanza con i Dem loro sono Batman e noi Robin», per usare le parole che un parlamentare lombardo affida a WhatsApp. Ed è proprio questo il fronte sul quale Conte deve subito misurarsi. Ci sono i ballottaggi e il Movimento deve decidere da che parte stare nelle città in cui l'accordo col centrosinistra non era stato siglato al primo turno. Qui l'ex premier si mostra prudente: «Non potremo avere nessuna suggestione per le forze di destra, per il resto valuteremo nei prossimi giorni». Insomma, laddove possibile si cercherà di replicare il modello Napoli, quello che ha regalato all'ex premier l'unico successo da rivendicare, con la vittoria di Manfredi, «che d'altronde io avevo voluto come ministro dell'Università nel mio secondo governo».
Non è un caso che, lasciando i propri uffici alla Camera dei deputati, l'ex premier si sia diretto proprio a Napoli per celebrare in serata il risultato. Il punto è che anche la vittoria del centrosinistra in quello che per dieci anni stato il feudo di Luigi De Magistris rischia di avere un sapore agrodolce per Conte. In primis, perché è stato mancata l'affermazione come primo partito (il Pd ha raccolto il 12,5%, il M5s si è fermato al 10,33). In secondo luogo, perché la Campania resta il feudo di un altro rivale interno di Giuseppi: quel Luigi Di Maio che finora non ha detto una parola per disturbare il conducente. Ma che, da oggi, potrebbe essere un po' meno silente...