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Salvini «avvisa» i draghiani per arginare il «partito di SuperMario». Resta la distanza con Giorgetti

Luigi Frasca
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Tre tirate d’orecchie al premier - su riforma del catasto, mancate riaperture e rincari delle bollette - per ricordare a tutti il ruolo della Lega nella maggioranza, quello di pungolo critico per garantire gli interessi degli italiani, e al tempo stesso mandare un avviso a Giorgetti e agli altri «draghiani» del Carroccio: nella Lega comando io e così sarà anche dopo il voto delle amministrative. Matteo Salvini si riprende la scena e prova a nascondere gli attriti con il ministro dello Sviluppo economico, anche se le ruggini restano. Nella Lega si racconta che esponenti di primo piano stanno tentando un riavvicinamento tra i due. Il segretario è rimasto sorpreso e irritato dalle affermazioni del ministro, soprattutto sulle sue posizioni riguardo ai candidati sulle amministrative. Il leitmotiv è che si rema insieme, sulla stessa barca e occorre essere leali, anche se nell’ala governista della Lega si invita a sottolineare come Giorgetti sia sul territorio in campagna elettorale a sostegno dei candidati. All’interno del partito «le due componenti penso che ci stiano, che possano coesistere perché ci sono sempre state», il parere del presidente del Veneto Zaia. Del resto Giorgetti ha sempre parlato di sensibilità diverse e dell’esistenza di una sola Lega.

 

 

Al momento tra il numero uno e il numero due della Lega resta il gelo, nonostante i tentativi di mediazione in corso. Il chiarimento ci sarà dopo il voto. Qualcuno nel partito parla di resa dei conti nel caso di un esito negativo alle amministrative. Salvini - ieri a Torino e in serata a Novara - non si sofferma sull’intervista alla «Stampa». del membro del governo. Ma non manca di contestare alcuni ragionamenti espressi. «Se qualcuno - sottolinea - pensa che la Lega deve occuparsi di pezzi di paese dico no, l’Italia vince insieme, da Nord a Sud, io la campagna elettorale la chiudo a Catanzaro, io le sfide non posso affrontarle solo da Milano a Firenze». Ed ancora: «La Lega prende al nord il 50%, ma vincere in Calabria è una gioia, non tornerò mai indietro». Si capirà quindi dopo il voto del 3 e 4 ottobre se ci saranno conseguenze nel partito di via Bellerio e nella coalizione di centrodestra. «Il fatto è che ci siamo messi nella condizione che se Bernardo e Michetti perderanno ci sarà qualcuno che addosserà a noi la responsabilità», dice un deputato del Carroccio. «Le uniche correnti che mi preoccupano sono quelle d’aria», ha tagliato corto il «Capitano» cercando di spegnere le polemiche. A suo dire la posta in palio non è lo stato di salute della Lega, ma la guida delle città in cui si vota. Salvini oggi sarà al fianco di Meloni e Tajani, prima a Milano e poi a Roma. Ha detto di non temere il sorpasso di Fdi, specificando che «i miei avversari sono Pd e M5s, non altri». La fotografia che emergerà nelle due conferenze stampa è quella di un’alleanza unita, anche se restano tensioni e sospetti.

 

 

Sospetti soprattutto riguardo al «partito di Draghi» nel centrodestra, ovvero a chi si è schierato al fianco del presidente del Consiglio e lo difende a spada tratta. L’ex ministro dell’Interno, invece, continua il suo pressing nei confronti dell’esecutivo. La premessa è che con la Lega «non ci sarà alcun aumento delle tasse», che la riforma del catasto «è una fregatura per gli italiani», come dichiara anche l’ex sottosegretario Bitonci. Ed ancora: «Tutta Europa sta vaccinando e riaprendo, l’Italia no. Vorrei capire - osserva Salvini - da Speranza e da Draghi perchè no. Se tu imponi il vaccino, il green pass e il tampone, il diritto al lavoro lo devi garantire a tutti». Si alzeranno le barricate a difesa di quota cento e nel tentativo di rivedere il reddito di cittadinanza. «Le strade magari potranno diversificarsi, qualora ci fosse qualcuno intenzionato a staccarsi per andare nel partito di Draghi, ma per ora sono tutti con Matteo», dice un altro «big». Fino alla partita del Quirinale in ogni caso non ci saranno scossoni nel partito. E il leader leghista non intende togliere l’appoggio all’ex numero uno della Bce. «È consapevole - spiega un suo fedelissimo - che la crescita dell’economia c’è, non avrebbe senso staccarsi ora». Anche per questo motivo Salvini ribadisce di pensarla nello stesso modo con Giorgetti sul destino dell’Italia. Ma ha fatto capire di non aver gradito chi si è prestato al gioco della divisione tra «leghisti buoni e cattivi». «L’attacco nei confronti della Lega è indegno di un Paese civile», rilancia il segretario riferendosi al ’caso Morisì'.

 

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