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Salvini in piazza, la sfida agli spacciatori della Roma perduta

Francesco Storace
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All’angolo della piazza c’è uno con una barbona assai lunga e fissa male il palco. Al compare che ha accanto, uno spilungone di colore, chiede «che è venuto a fare quello là». «Quello là» si chiama Matteo Salvini, e sta parlando alla folla della piazza seconda nella triste classifica dello spaccio di droga. Prima è Scampia a Napoli. I due sono arrabbiati davvero perdendo «un pomeriggio di lavoro», dice uno degli agenti di polizia impegnati nel servizio d’ordine. Tesissimi i poliziotti, che temono più l’agguato di qualche spacciatore che le urla dei centri sociali (che non a caso, stavolta, non si fanno vedere a contestare Salvini, lasciano il lavoro sporco ai compagni pusher, magari).

Il comizio di Salvini a Tor Bella Monaca emoziona. Perché la voce entra nei casermoni che circondano la piazza, dove lo ascoltano quasi duemila persone. Ma è in quelle case che arriva il no alla droga, negli appartamenti dove le persone per bene vivono con un po’ di paura e in quelli dove i delinquenti ammucchiano i proventi dello spaccio.
Si sente a casa, il leader leghista, quando parla a Roma. «Romano di adozione», dice di se stesso, e gli piace anche quel gusto un po’ beffardo di parlare in Largo Brambilla, con quel retrogusto di radici milanesi.

È una piazza dove più che i numeri conta la forza simbolica del messaggio. Perché di Scampia parlano tutti, qui nessuno ascolta la rabbia di chi vede che cosa succede negli angoli della piazza e non può reagire per paura dei delinquenti. I riflettori delle tv ce li porta Salvini, anche se le domande dei giornalisti sono sempre le stesse: Draghi, Giorgetti, la Meloni. Mai una per chiedere che si fa per contrastare il traffico di droga...

È un posto lontanissimo da tutti e per questo si muovono indisturbati i signori della droga. Per arrivarci persino il navigatore dell’automobile impreca prima di trovare dove sia.

E poi vedi il Capitano, incredibilmente fresco dopo la marea di comizi giornalieri che ha alle spalle. In tutta Italia racconta del suo chiodo fisso, la salute degli italiani, il lavoro per tutti. La concretezza. E qui aggiunge il messaggio contro gli stupefacenti che dilagano. E a uno che ha fatto il ministro dell’Interno (bene) non si poteva chiedere di meglio. Non salotti, ma periferie.

Sale sul palco e arriva l’ovazione. È Salvini a presentare Enrico Michetti mentre pensa «chissà se qui ci è mai passato un sindaco…». E il candidato alla successione di Virginia Raggi prende il primo impegno: «Istituiremo l’assessorato alle periferie». E sogna Nicola Franco, candidato alla presidenza del municipio locale, una macchina da voti del «sesto», mischiato tra la folla che lo saluta e applaude: «Magari l’assessorato fosse qui…». Lo sguardo vola ai due figuri arrabbiati per il comizio della Lega. Si agitano, come a dire «e ora che ci facciamo con la roba di oggi?». In effetti avranno perso «un pomeriggio di lavoro», ma Tor Bella Monaca ci ha guadagnato una giornata libera dalla droga.

Salvini conclude il suo comizio e noi ci avviciniamo alla nostra auto, di fronte incrociamo una bionda piuttosto avanti con gli anni, maglietta, jeans e tatuaggi. Al telefono fa concitata: «Niente stasera. Troppe guardie. Dobbiamo fa’ domani». Ecco, la polizia c’era, proprio per il timore di tensioni di quelli come i due che stavano all’angolo. Peccato che poi le «guardie» se ne debbano andare pure loro e Largo Brambilla torna terra di nessuno. Perché a chi ha governato Roma negli ultimi anni, della lotta alla droga non è fregato proprio nulla. E hanno lasciato mani libere alle bande che dilagano nello spaccio di stupefacenti. È qui che prospera quel triste mercato, rovina di troppe generazioni. Con la sua sfida, Salvini ha voluto prendere un impegno a esserci nel nome di una politica di contrasto ai trafficanti di morte. Grillini e sinistre queste cose non le possono proprio dire. Per troppe contiguità con quelli che la droga vorrebbero legalizzarla: i due all’angolo di Largo Brambilla ne sarebbero felici. Di «clienti» ne avrebbero ancora di più, altro che le ciance sulla sconfitta della criminalità. 

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