Sentenza Stato-mafia, Padellaro non se fa una ragione: "Sconcertante". E da Travaglio solidarietà ai boss...
"Una sentenza sconcertante. La frase di rito è sempre la stessa: aspettiamo le motivazioni. Be', spero che queste siano soddisfacenti". Antonio Padellaro del Fatto quotidiano non se ne fa una ragione dell'assoluzione di Marcello Dell'Utri nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-Mafia.
I giudici hanno fatto qualcosa "di poco comprensibile", dice venerdì 24 settembre il giornalista a Tagadà, il programma di La7 condotto da Tiziana Panella. "Così come viene presentata è una sentenza che lascia basiti", commenta. "Condanni solo i mafiosi e non chi ha trattato...".
Lo scandalo per Padellaro è che parliamo "di sentenze che si riferiscono a fatti di 30 anni fa. I giudici hanno sicuramente agito in modo più onesto e oggettivo, ma il sospetto che lo 'spirito del tempo' abbia avuto la sua influenza resta. Forse è cambiato qualcosa nel clima del Paese, certe storie è meglio accantonarle. Scurdammoce o passato...".
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Dai giudici di Palermo una vera batosta per il quotidiano di Marco Travaglio. Nel suo editoriale di questa mattina il direttore del Fatto arriva ad esprimere solidarietà per i boss condannati. "Ricapitoliamo. Il boss Bagarella - a cui a questo punto va tutta la nostra solidarietà - si becca 27 anni di galera per aver minacciato a suon di bombe (insieme a Riina e Provenzano, prematuramente scomparsi) i governi Amato e Ciampi nel 1992-'93 e per aver tentato di minacciare pure il governo Berlusconi nel '94. Il medico mafioso Cinà - a cui a questo punto va la nostra solidarietà - si becca 12 anni per il suo ruolo di tramite e postino dei pizzini e dei papelli che si scambiavano Vito Ciancimino, imbeccato dai carabinieri del Ros Subranni, Mori e De Donno, e il duo Riina-Provenzano".
"Sarà avvincente, fra tre mesi, leggere le motivazioni della Corte d'assise d'appello di Palermo. Ma lo sarebbe ancor più poter assistere alla loro stesura, cioè vedere i giudici che mettono nero su bianco questa trattativa asimmetrica con la Legge del Dipende - scrive ancora Travaglio - è reato solo per i mafiosi da un lato del tavolo e non per i carabinieri e i politici dall'altro: più che una trattativa, una commedia (anzi una tragedia) degli equivoci".