"Giustizia e non giustizialismo". Con chi ce l'ha Maria Elena Boschi, la stoccata su Dell'Utri a Stasera Italia
Maria Elena Boschi contro i giornalisti per la sentenza di assoluzione dell’ex senatore Marcello Dell’Utri da parte dei giudici della Corte d’assise d'appello di Palermo che hanno ribaltato il verdetto di primo grado e annullato la pesantissima condanna. Ospite di Barbara Palombelli, conduttrice di “Stasera Italia” su Rete 4, giovedì 23 settembre, l’esponente di Italia Viva ha attaccato: “E’ una giornata storica. I boss mafiosi sono stati condannati. Chi non ha commesso reato sono i rappresentanti delle istituzioni secondo quanto dice la sentenza. Credo però che dobbiamo riconoscere che non c’è solo un problema di funzionamento dell’ordinamento giudiziario, che funziona sì, ma con empi troppo lunghi, ma che c’è un altro problema”.
Ed ecco la stoccata: “Ha vinto la giustizia e non il giustizialismo. Non dimentichiamoci che in questi anni ci sono stati alcuni giornalisti e una parte del mondo dell’informazione che ha fatto la propria carriera andando nei talk show a parlare di questo accordo Stato-Mafia come una verità assoluta quando oggi una sentenza di ci dice che non era così”. L’ex Ministra non ha avuto il coraggio di fare nomi e cognomi, ma sembrava riferirsi in primis al direttore de “Il Fatto Quotidiano”, Marco Travaglio, noto per le aspre critiche a Marcello Dell’Utri, fedelissimo di Silvio Berlusconi.
Mori e Dell'Utri assolti, Gasparri attacca: "Ora chi li ripagherà?"
La storica sentenza di Palermo, in attesa della Corte di Cassazione, segue quella di primo grado del 20 aprile 2018 quando i giudici, nell'aula bunker dell'Ucciardone, confermarono l’impianto accusatorio dei pm antimafia di Palermo che parlarono di “un patto scellerato” fra alcuni pezzi dello Stato e la mafia di Totò Riina e Bernardo Provenzano durante la stagione delle stragi del 1992 e 1993. Oggi, invece, l'ex senatore Marcello Dell'Utri (condannato in primo grado a 12 anni) è stato assolto “per non aver commesso il fatto”.
Assolti anche gli allora ufficiali del Raggruppamento operazioni speciali dei carabinieri il generale Mario Mori, il generale Antonio Subranni e il colonnello Giuseppe De Donno, in primo grado condannati rispettivamente a dodici, dodici e otto anni, “perché il fatto non costituisce reato”. Pena ridotta da 28 a 27 anni per il boss Leoluca Bagarella, l'unico rimasto in vita e dunque processabile fra i capi dei corleonesi, grazie alla riqualificazione del reato in tentata minaccia al corpo politico dello Stato limitatamente al periodo precedente al governo Berlusconi. Unica conferma i 12 anni ad Antonino Cinà, il medico di Totò Riina che secondo l'accusa fu il messaggero fra la politica e Cosa Nostra nella prima parte della presunta trattativa nel 1992 e 1993.