Il Pd si spacca pure sul futuro di Mario Draghi. Veleni tra dem: dibattito surreale
Si divide in due il Partito Democratico su quello che può essere il futuro di Mario Draghi dopo il 2023, alla scadenza dell’attuale legislatura. Nella convention di Libertà eguale, ala liberal dei democratici, si è paventato uno scenario che vede l’attuale Premier come successore di sé stesso, con un governo molto simile a quello attuale. Un argomento attualmente molto in voga tra parlamentari, almeno stando alla ricostruzione di Repubblica. Secondo Enrico Morando “la coincidenza tra l'agenda Draghi e quella del Pd, il consenso altissimo che il premier riscuote tra gli italiani dovrebbe suggerire al partito guidato da Enrico Letta di impegnarsi affinché l'esperienza Draghi prosegua. Anziché guardare all'esecutivo di unità nazionale come una parentesi - la frecciata a Bettini - un centrosinistra maturo dovrebbe avere come obiettivo la permanenza dell'ex banchiere a palazzo Chigi. Traendo il buon esempio da quanto accade in Germania”. Anche il costituzionalista Stefano Ceccanti è d’accordo: “Il Pd si dovrebbe draghizzare di più”.
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Questo dibattito non piace però ai vertici del Pd, con i fedelissimi di Letta che non usano mezzi termini: “Occuparsi di questa questione a 10 giorni dalle amministrative, con il partito impegnato a fare un buon risultato ovunque, è surreale. Noi siamo quelli che sostengono Draghi con più lealtà e responsabilità. Trascinarlo in esercizi retorici e aleatori, proiettati nientemeno che al 2023 con tutto quel che ci attende nei prossimi mesi, non ha alcuna utilità né per lui, né per il governo, né per il Paese”. Ad andare contro l’ipotesi del Draghi bis è soprattutto l’ala più sinistra del Pd, che pensa prima di tutto alle elezioni amministrative e poi alla scelta del capo dello Stato.
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Un autorevole deputato milanese traccia il suo pensiero: “Se Mattarella accettasse il bis, nel 2023 potremmo ritrovarci con quattro partiti intorno al 20% e una situazione di grande instabilità. Soprattutto se, per scongiurare l'Opa della Meloni sul centrodestra, Salvini dovesse virare sul proporzionale. In tal caso bisognerebbe trovare una figura prestigiosa ed esterna. E allora Draghi potrebbe tornare. Se invece resta il maggioritario e il centrodestra ottenesse la maggioranza, mi pare complicato possa mettersi alla guida di un governo di parte”. La partita è ancora lunga, ma il Pd è già spaccato.
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