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A Roma il governo salva i Benetton: via libera alla svendita del palazzo in centro

Alberto Di Majo
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Il governo Draghi se ne lava le mani e l’affare Benetton-Bulgari di Piazza Augusto Imperatore finisce in Procura. È stato il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli (FdI) a confermare ieri, durante un’interpellanza urgente, che presenterà un esposto nei prossimi giorni. Alla fine del 2018 benché il governo gialloverde guidato da Giuseppe Conte avesse annunciato di voler rivedere le concessioni autostradali alle società degli imprenditori veneti (erano passati appena 4 mesi dal crollo del ponte Morandi a Genova), non s’è opposto all’acquisto, proprio da parte dei Benetton, del palazzo di proprietà dell’Inps nel centro di Roma a condizioni che suscitano molti dubbi. «Una porcheria», ha denunciato Rampelli in Aula ripercorrendo la vicenda e chiedendo al governo di tornare sui suoi passi. Ma la sottosegretaria al ministero dell’Economia e delle Finanze, Alessandra Sartore, ha scaricato ogni responsabilità, incappando anche in più di una svista.

 

 

La storia è nota. Tre anni fa i Benetton hanno comprato l’immobile di 23mila metri quadrati che si trova in piazza Augusto Imperatore per 150 milioni di euro, con tanto di permesso per trasformarlo in albergo e via libera del ministero dei Beni culturali. Dopo sei mesi l’hanno dato in affitto alla maison Bulgari (a 15 milioni all’anno per 10 anni) che tra pochi mesi aprirà, appunto, un hotel di lusso. Un’operazione che, secondo i deputati di FdI, tutti firmatari dell’interpellanza illustrata ieri da Rampelli, è un grande regalo agli imprenditori a spese dei cittadini, visto che 150 milioni, incassati dallo Stato per la vendita, sarebbero stati raggiunti con solo dieci anni di canoni di locazione. In questa vicenda i dettagli hanno importanza. Nel dicembre 2018 la società immobiliare Edizione Property, che appartiene ai Benetton, ha acquistato dal Fip (il fondo che doveva vendere gli edifici pubblici) il palazzo che si affaccia sull’Ara Pacis. Appena sei mesi dopo, nel luglio 2019, la società degli imprenditori veneti ha concesso l’edificio in locazione a Bulgari. Un’operazione pianificata (o almeno immaginata) da tempo, visto che alcuni giornali, tra cui Repubblica, avevano annunciato molto prima della vendita che l’immobile sarebbe stato trasformato in hotel di lusso gestito dalla maison. Il valore stimato dell’edificio era compreso tra 187 e 210 milioni di euro, tuttavia la trattativa (privata) è stata chiusa a 150. Ma l’anomalia riguarda anche il doppio ruolo dei compratori: tra i principali azionisti di Investire Sgr, la società a cui il Fondo ha affidato la gestione dei beni da vendere, figurava Regia srl, controllata proprio dai Benetton.

 

 

La sottosegretaria Sartore ha preferito evitare lo slalom tra gli interrogativi che meriterebbero una risposta e s’è limitata a precisare che il «Fondo immobili pubblici è un soggetto privato», che non può subire «interferenze dallo Stato» e che «la vendita in blocco non prevedeva per legge il diritto di prelazione per gli inquilini». Eppure la finalità del fondo, anche questo per legge, è l’interesse pubblico che non sembra essere stato perseguito. Perché nessuno ha pensato di mettere l’edificio a reddito concedendolo in affitto, senza venderlo ma lasciandolo nelle mani pubbliche, invece di consentire di farlo al gruppo Benetton? Poi c’è l’altra questione, quella dell’ultimo inquilino che abita il palazzo: un ex dipendente dell’Inps che paga l’affitto da più di sessant’anni ma non ha mai ricevuto l’opzione per acquistare benché previsto dal regolamento dell’Istituto di previdenza. Il suo alloggio, diversamente da quanto affermato dalla sottosegretaria, è stato apportato al Fondo I3 Inps, gestito da Invimit in forza della legge del 21 giugno 2017 che ha, invece, imposto all'Inps di provvedere «alla completa dismissione del proprio patrimonio immobiliare da reddito, nel rispetto dei vincoli di legge ad esso applicabili, ivi compresi quelli derivanti dal decreto legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, anche attraverso il conferimento di parte del patrimonio a fondi di investimento immobiliare costituiti dalla società di gestione del risparmio di cui all’articolo 33 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, con l’obiettivo di perseguire una maggiore efficacia operativa ed una maggiore efficienza economica». Il passaggio è avvenuto il 28 giugno 2018 con documento del notaio Vittorio Occorsio: al punto n. 21 dell’atto di apporto al fondo "I3-INPS" si legge che si applicano le disposizioni dei commi da 3 a 20 dell’art. 3 del D.L. n. 351/2001. Dunque «il Fondo e per esso la Società di Gestione si impegnano ad applicare in sede di offerta in opzione agli aventi diritto lo sconto sul valore di mercato previsto dalle norme applicabili».

 

 

Eppure il novantaduenne inquilino invece di ricevere dal fondo e per esso da Invimit l’offerta prevista, volendo peraltro acquistare, ha avuto lo sfratto, benché sia invalido al 100 per cento e i medici della Asl abbiano messo nero su bianco la seguente prescrizione: «Deve assolutamente evitare stress psicofisici per elevato rischio di instabilizzazione emodinamica e morte improvvisa». Dal canto suo, Rampelli ha assicurato l’impegno del gruppo di FdI per evitare lo sgombero. Del resto il mancato rispetto della normativa fa pensare che non siano prevalsi gli interessi pubblici disposti dalle norme. L’interpellanza s’è concentrata anche sull’altro edificio che fa parte del complesso immobiliare, che ospita locali commerciali, tra i quali fin dal 1948 lo storico ristorante «Il Vero Alfredo», iscritto nell’Albo dei negozi storici di eccellenza del comune di Roma, ai quali anche, ma per motivi diversi, è stata negata la possibilità di esercitare il diritto di prelazione: «La cessione dell’immobile è avvenuta mediante trattativa privata senza procedura pubblica di gara e, aspetto non meno importante, senza alcuna preventiva e obbligatoria informativa nei confronti dei titolari dei ristoranti, che avrebbero potuto partecipare alla gara pubblica per l’acquisto del complesso immobiliare, in violazione della disciplina dettata dai decreti del ministero dell’Economia e delle Finanze del novembre 2002 e 2003 e degli articoli 3, 3 bis e 4 del decreto-legge n. 351 del 2001, del principio di trasparenza e del diritto di prelazione riconosciuto al conduttore di un immobile a destinazione commerciale» ha notato Rampelli che, tuttavia, spera ancora che «il governo presti la massima attenzione» per evitare l’ennesima beffa per lo Stato e un'altra svalutazione del patrimonio della Capitale.

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