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Vaccino ai ragazzi, il Cts non spiega perché

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Dario Martini
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«I ragazzi delle scuole devono vaccinarsi per contribuire alla riduzione dei contagi ma anche per proteggere loro stessi». È il messaggio che sentiamo ripetere ormai da settimane dai virologi onnipresenti in tv, ma anche dagli esponenti del governo.

]l ragionamento è semplice: gli studenti devono contribuire alla campagna vaccinale perché anche loro non sono esenti da rischi. Eppure, il Comitato tecnico scientifico che aiuta l’esecutivo a prendere tutte le decisioni più importanti per fronteggiare l’emergenza coronavirus scrive una cosa abbastanza diversa. Lo abbiamo scoperto leggendo ciò che si sono detti gli undici esperti capitanati da Silvio Brusaferro (Istituto superiore di sanità) e Franco Locatelli (Consiglio superiore di sanità) nella seduta a porte chiuse dello scorso 12 luglio. I tecnici sono riuniti per decidere cosa rispondere al ministero dell’Istruzione che chiede come organizzare il rientro a scuola. Tema molto attuale, dato che oggi ripartono le lezioni in quasi tutte le regioni d’Italia. Il dicastero guidato da Patrizio Bianchi vuole sapere «quale grado di priorità dare alla vaccinazione delle persone in età scolare». Ecco la risposta del Cts: «Riguardo agli studenti di età eguale o superiore ai 12 anni, benché, per questi ultimi è noto che lo sviluppo di una sintomatologia grave sia evento infrequente e che i casi letali sono estremamente rari, nondimeno si rivela essenziale avanzare celermente con la campagna vaccinale». Quindi, il rischio di conseguenze gravi per aver contratto il Covid è veramente minimo. Comunque, il consiglio resta di vaccinare il più possibile anche gli adolescenti.

Non è esattamente lo stesso messaggio che sentiamo ripetere tutti i giorni in tv. Poco tempo fa la Società italiana di pediatria, per convincere i genitori a vaccinare i loro figli, ha scritto addirittura quanto segue: «Anche se la fascia pediatrica dai 12 anni in su risulta essere tra quelle meno colpite dal Sars-CoV-2, recenti evidenze scientifiche hanno dimostrato in tale fascia di età la presenza di gravi complicanze renali o di complicanze multisistemiche, anche al di là della ben codificata» sindrome infiammatoria «Mis-C, conseguenti a un’infezione paucisintomatica o asintomatica da Sars-CoV-2, come sta emergendo per l’adulta». La differenza rispetto a quanto dice il Cts è evidente. I componenti del Comitato, però, nonostante ritengano che il Covid non rappresenti un serio pericolo per gli studenti, raccomandano una campagna vaccinale a tappeto anche per loro. Perché solo così possono essere protetti i più anziani (gli over 50 ancora senza una dose sono circa 3,5 milioni, di cui 1,8 milioni hanno più di 60 anni). Il beneficio nel vaccinare i ragazzi, quindi, non è tanto individuale, ma piuttosto collettivo. Un atto, quindi, di grande senso civico. Tanto che gli studenti italiani stanno rispondendo alla grande agli appelli che arrivano dal ministero della Salute e dal commissario all’emergenza: dei 4,6 milioni di ragazzi tra 12 e 19 anni solo 1,7 milioni non hanno alcuna copertura vaccinale.

È bene ricordare un po’ di dati. Da inizio pandemia ci sono stati 15 decessi a causa del Covid nella fascia d’età 11-19 anni, meno dello 0,01%. Quasi tutti, purtroppo, erano già affetti da gravi patologie. L’ultimo rapporto dell’Aifa sulla farmacovigilanza, invece, ha registrato che dal 27 dicembre al 26 agosto sono stati segnalati 838 eventi avversi su 3,7 milioni di dosi di vaccino somministrate a soggetti tra 12 e 19 anni per un tasso di segnalazione pari a 22 ogni 100mila dosi.Il nesso causa effetto non è dimostrato. Di questi eventi avversi, 196 (23,4%) sono stati gravi (5 ogni 100mila dosi). E la risoluzione completa del problema si è verificata nel 62% delle volte. (Dario Martini)
 

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