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Mascherine Fca bocciate, il flop costato 237 milioni di euro. E ora ricade sui dirigenti scolastici

Franco Bechis
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Fra le meraviglie compiute da Domenico Arcuri durante la gestione della pandemia del governo di Giuseppe Conte ci fu un contratto da 237 milioni di euro sottoscritto dalla struttura commissariale con Fca che all'improvviso già a maggio dell'anno scorso aveva deciso di mettersi a produrre mascherine anti-Covid in due stabilimenti riconvertiti allo scopo (uno dei due era quello di Mirafiori). Per intenderci: quei 237 milioni erano pagati dagli italiani attraverso le loro tasse anche se l'accordo fu raccontato dal governo Conte come dei vertici di Fca come si trattasse di senso civico del grande gruppo industriale che si metteva così “al servizio” del proprio paese, che poi tanto suo paese non è visto che gran parte del fatturato e dei guadagni con relative tasse pagate sono realizzate fuori dall'Italia.

Quello sulle mascherine Fca è stato ed è perché nessuno l'ha disdetto nemmeno in questi mesi uno dei contratti più costosi pagati dalla struttura commissariale che ha gestito la pandemia in Italia. Gran parte di quelle mascherine acquistate sono state distribuite nelle scuole italiane ed erano destinate ad insegnanti e ragazzi. Fin dall'inizio c'era qualcosa che non quadrava in quelle forniture, dalle scuole erano arrivate numerose proteste sia per la scarsa indossabilità (le avevano ribattezzate ora “pannoloni” ora “giarrettiere”), ma pace: la questione estetica non sembrava così importante.

Poi inchieste giornalistiche (Report e Striscia la Notizia) e poi giudiziarie avevano svelato qualcosa di assai più serio: gran parte dei lotti di mascherine fornite alle scuole non erano a norma, con un potere filtrante e quindi una sicurezza della salute assai più basso di quello che era indicato sulle confezioni.

In qualsiasi paese normale questa scoperta avrebbe portato alla risoluzione contrattuale immediata per precauzione e davanti alla certificata non conformità del prodotto. Invece nulla: Fca avrà perso presenza e fatturato, ma non certo il proprio potere su questo paese e nessuno ha battuto ciglio. Il contratto è restato in vigore anche una volta che Arcuri è stato scalzato dal generale Francesco Paolo Figliuolo.

E' già clamoroso questo, ma assolutamente sconcertante la lettera inviata qualche giorno fa dal ministero della Salute a quello dell'Istruzione destinata a tutte le scuole italiane. A cui si chiede di non aprire nemmeno le confezioni di due lotti di mascherine Fca a loro distribuite non si sa come e nemmeno da chi, di controllare i numeri e una volta scovate “quarantenarle” che non si capisce manco che voglia significare. Perché è vero che a distribuirle è stata la struttura commissariale che ha usato una società di consegne per farle arrivare a ciascun istituto, ma né l'una né l'altra ne ha tenuto un registro o una traccia almeno informatica. Banalmente sanno di avere rifilato quelle mascherine farlocche ma non sono in grado di dire a chi. Quindi controlli ciascuno e si organizzi per metterle in quarantena.

Una richiesta che arriva a tutti gli istituti scolastici nello stesso momento in cui è stato scaricato sulla testa dei presidi l'obbligo di fare i poliziotti del vaccino controllando green pass a bidelli, insegnanti e perfino genitori degli alunni. Fossi in uno di loro quando mi arriva richiesta su mascherine, risponderei per posta certificata al governo con una semplice allusione: “Sapete dove dovete mettervi carte verdi e mascherine fallate?”. Sono un po' tardi di comprendonio. Ma conoscono la risposta.

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