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Immunodepressi, ricoverati nelle rsa e medici, ci tocca la terza dose

Franco Bechis
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Si parte con i 3 milioni di pazienti più fragili (immunodepressi, trapiantati e malati di tumore), poi gli anziani ricoverati nelle rsa, e di nuovo il personale medico, gli ultraottantenni e inevitabilmente tutti gli anni. Con parere positivo dell'Aifa ieri sera il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha annunciato ufficialmente che entro fine settembre partiranno dalle categorie più deboli le vaccinazioni con le terze dosi. Mentre si va ancora a caccia di chi ha rifiutato la prima e la seconda e dei milioni di italiani che hanno dubbi (soprattutto per i figli più piccoli) sul vaccino, sostanzialmente bisogna ricominciare tutto da capo perché l'opinione prevalente dell'esecutivo sembra quella di seguire quello che già hanno fatto Israele e gli Stati Uniti. Al rallentatore per ora perché saremmo i primi a farlo in Europa e questo comporta inevitabilmente problemi si dovesse passare a una platea più larga. Se gli altri non adottano la stessa scelta, che si farà? Chiuderemo i confini per non fare passare i bi- vaccinati stranieri?

Per i fragilissimi a dire il vero l’esecutivo è in parecchio ritardo. Perché anche se tutti gli esponenti politici a iniziare dal ministro della Salute ripetono ogni tre per due che loro non decidono nulla, e lo fanno «gli scienziati», in questo caso li avevano bellamente ignorati. Il 12 luglio scorso, quindi due mesi fa, il Cts ha messo a verbale: «raccomanda la somministrazione della terza dose del vaccino, a sei mesi di distanza dalla prima, a tutti quei soggetti in cui un’alterata funzionalità del sistema immunitario può determinare una ridotta protezione conferita dalla vaccinazione (es. riceventi un trapianto di organo solido, pazienti onco-ematologici)». Gli scienziati, come li chiama il governo, su questa raccomandazione non sono evidentemente stati ascoltati fino a ieri dall'esecutivo perché già quando fu verbalizzato quell'invito molti dei pazienti a cui ci si riferiva avevano fatto la prima dose giusto da sei mesi (erano stati fra i primi) e quindi si trovavano già in uno stato di potenziale rischio. Ma a luglio come adesso queste proposte e poi decisioni vengono adottate senza alcuna spiegazione per la gente. Perché noi qualche elemento dai vari verbali del Cts per quanto sommari fossero, abbiamo raccolto. Era saltato fuori già da tempo ed è stato ben nascosto che secondo due studi rivolti proprio su pazienti che avevano usato chemioterapia come cura per i tumori e su trapiantati i vaccini avevano avuto una protezione decisamente inferiore a quella che era stata indicata per tutti gli altri. Anzi, in alcune sacche quasi i vaccini non avevano avuto effetto alcuno. Non solo - ed anche questo è stato per lungo tempo taciuto - ma a questi pazienti esaminati negli studi arrivati al Cts è apparso evidente che il vaccino scelto a mRna (Pfizer e Moderna) con cui erano stati tutti inoculati era quello meno efficace: si otteneva protezione decisamente superiore con quelli a vettore virale come AstraZeneca e Johnson & Johnson. Altri studi e osservazioni sui pazienti con la stessa fragilità si sono svolti in questi mesi in molte altre parti di Italia e non sarebbe male attenderne la pubblicazione prima di procedere o almeno chiedere gli estratti in anteprima perché ovviamente sono stati svolti in strutture specializzate per quelle cure. Prima di ripartire con vaccinazioni di un tipo o di un altro bisognerebbe che quel responso sia chiaro, altrimenti andiamo di nuovo a buttare via le terze dosi che sarebbero inutili come le seconde. E una volta fosse stato chiaro il responso, o il governo o qualcuno del Cts avrebbe dovuto spiegare tutto ai cittadini che poi quelle dosi debbono ricevere. Non è giusto procedere ancora una volta come si è fatto: senza comunicazione chiara e trasparente.

Invidio i cittadini americani che non sono storditi da mille campane, non hanno ogni sera in tv un membro del governo a dire la sua sui vaccini, e sentono ogni spiegazione da una sola persona: Anthony Fauci, il virologo portavoce per conto della Casa Bianca di tutta la campagna vaccinale. Oltre all’autorevolezza del professore che non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella di chi parla e cinguetta in Italia, negli Usa grazie a una sola voce c’è chiarezza e trasparenza. In Italia obiettivamente no. E prima di puntare il dito accusatorio sulle paure dei cittadini - che esistono in tutto il mondo - l'esecutivo farebbe bene a guardarsi allo specchio e farsi un bell’esame di coscienza. Onestamente quando è arrivato Mario Draghi sembrava volesse battere questa strada proprio sul modello americano. Ha scelto i componenti di un nuovo Cts e nominato «portavoce» Silvio Brusaferro, che già gli italiani conoscevano dai mesi precedenti essendo l'uomo che guida l'Istituto superiore di Sanità. Magari non aveva i titoli di Fauci, ma almeno aveva una chiarezza e semplicità espositiva che avrebbe aiutato. Invece da quando Brusaferro è stato nominato portavoce, ha chiuso bocca e non l’abbiamo più sentito mentre parlavano come al solito in dieci o in venti ogni giorno dicendo cose in contrasto fra loro e aumentando confusione e oscurità. Un errore grave.

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