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L'austerity resta, parola del ministro Franco: il debito è sostenibile ma va ridotto

Filippo Caleri
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Anche il ministro dell’Economia, Daniele Franco, entra nel dibattito sulla revisione del Patto di stabilità. E anche lui, come sabato scorso l’eurocommissario Paolo Gentiloni, sgombra il campo da ogni ipotesi che a Bruxelles le pretese rigoriste siano destinate a finire nel cassetto. «La nostra politica di bilancio sosterrà la crescita anche nel 20221, ma superata la crisi il debito andrà progressivamente ridotto, dobbiamo agire. Il nostro debito è comunque sostenibile» ha detto Franco, al Forum Ambrosetti a Cernobbio. Insomma c’è fiducia, c’è la possibilità di crescere ancora di più grazie alla spinta del Pnrr, ma la soluzione dei problemi strutturali del Paese sono soltanto messi nel congelatore, ma non risolti. Franco comunque ha ammesso che i nostri numeri sono buoni e che potrebbero anche andare oltre le attuali stime. Per il 2021 «prevediamo una crescita del 5,8%, ma non possiamo escludere che la crescita sia anche leggermente superiore», ha spiegato il titolare di Via XX Settembre. Il ragionamento è chiaro: è in atto una ripresa «intensa», con un terzo trimestre che sta andando in modo positivo e con dati «molto incoraggianti». Franco ha dunque assicurato che il debito italiano è «sostenibile» ma ha avvisato tutti: «Superata la crisi andrà progressivamente ridotto».

 

 

I rapporti deficit/Pil e debito/Pil a fine anno saranno migliori rispetto a quelli indicati nell’ultimo Def, anche se la sfida deve essere quella, secondo l’ex dg di Bankitalia, di crescere «in modo strutturalmente più elevato del passato». Attuare il Pnrr non sarà «facilissimo» e in questo contesto assume grande importanza la riforma del fisco, dove gli interventi su cuneo e Irpef «saranno centrali» ha concluso lo stesso Franco. Parole interessanti anche per Giancarlo Giorgetti, pure lui presente a Cernobbio, dove ha partecipato anche a un fugace vertice di centrodestra con Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Il ministro dello Sviluppo economico ha parlato della pandemia come di un trauma economico simile a una guerra e ha chiesto di mettere al centro la crescita, «imprese e imprenditori». Proprio in questa ottica l’esponente leghista ha lanciato la sua suggestione: «Vogliamo cercare di ricostruire il sistema di incentivi e sussidi. Con un sistema trasparente. Chi ci aiuterà a risolvere i tavoli crisi merita incentivi più di altri che evitano fastidi e vanno a investire altrove».

 

 

L’urgenza di un decreto anti delocalizzazioni è diventata quasi naturale dopo la serie di licenziamenti nel settore automotive iniziata il primo luglio dopo la fine del blocco. Oggi ci sarà una riunione al Mise, visto che una delle principali ideatrici del piano è Alessandra Todde, viceministro allo Sviluppo economico in quota M5S. L’idea, secondo il ministro del Lavoro Andrea Orlando, è quella di «una cosa abbastanza rapida e meditata, anche in sede di conversione parlamentare». Insomma, nessuno pensa di chiudere le imprese con una norma, ma servono percorsi per tutelare siti produttivi e lavoratori, già fortemente provati dalla pandemia.

 

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