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Roma, il confronto Raggi-Gualtieri finisce con insulti e veleni: "attacchi in quanto donna"

Carlo Solimene
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Se avesse potuto prendere vita, la sagoma di cartone di Enrico Michetti presente sul palco della festa del Fatto quotidiano probabilmente avrebbe faticato a trattenere un sorriso. Perché assistere a come in 50 minuti Virginia Raggi e Roberto Gualtieri si siano letteralmente scannati non avrebbe potuto rappresentare spettacolo migliore per chi - il candidato del centrodestra - al ballottaggio dovrà temere solo l’alleanza tra il secondo e il terzo classificato. E il velenosissimo botta e risposta di ieri lascia molte perplessità sulla reale «alleabilità» degli elettorati piddino e grillino. Non c’è stato il tempo neanche dei convenevoli. Pronti, via, e Virginia e Roberto se le sono date di santa ragione. «Ci sono differenze ontologiche con gli altri candidati - ha esordito la sindaca - ad esempio sull’Atac. Io ho lottato per mantenerla pubblica, il Pd la vuole privatizzare». «Scusami - ha replicato stizzito Gualtieri - ma chi ha parlato di privatizzare? Non è una buona base di dibattito dire bugie. E la verità è che Roma è amministrata male». «Se ho governato male - si è irrigidita la Raggi - allora perché il tuo programma è copiato dal mio? Il tuo stile è quello dell’attacco personale, soprattutto perché sono donna. La verità è che da ministro non ci hai dato un euro». Erano passati tre minuti e tra i due mondi si era già aperto un solco apparentemente insormontabile. Anzi, il resto del dibattito è stato anche peggio.

 

 

La Raggi ha difeso il suo tourbillon di assessori e dirigenti: «Cambiare è un pregio se le persone non realizzano il programma. Non come nei partiti, dove ti impongono le persone e devi tenertele». Gualtieri ha imbracciato il mitra: «Hai cambiato otto dg di Ama e quattro assessori ai rifiuti e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, Roma non è mai stata così sporca». Poi la sindaca se l’è presa con la Regione per la mancanza di inceneritori (che già i grillini che vogliono più inceneritori fa sensazione. Non erano quelli della differenziata al 100%?). Gualtieri ha replicato che gli impianti li deve costruire l’Ama e non la Regione. Nel mezzo, anche la richiesta di scuse formulata da Roberto a Virginia perché lei, il giorno prima, gli aveva dato del ladro. Scuse, peraltro, mai arrivate. Fatta la cronaca del dibattito, tocca concentrarsi su quelli che potrebbero essere i numeri della sfida.

 

 

L’ultimo sondaggio a disposizione sulla sfida di Roma è quello realizzato da BiDiMedia il 2 settembre. Il quadro è sostanzialmente quello già emerso: primo Michetti (31,1%), secondo Gualtieri (26,9%), terza la Raggi (19,6%) e quarto Calenda (15,7%). Al ballottaggio il candidato del Pd supererebbe 55 a 45% quello del centrodestra. Perché, teoricamente, incamererebbe buona parte di chi, al primo turno, ha votato Raggi e Calenda. È davvero così? Legittimo nutrire dubbi, soprattutto per quanto riguarda l’elettorato grillino. Chi voterà Raggi dopo i suoi primi cinque anni di governo è presumibilmente un elettore iperfidelizzato. Difficile sia disposto a dare ad altri il suo voto al secondo turno. Più facile un travaso di voti da Calenda a Gualtieri. Ma anche questi due candidati - tra dibattiti pubblici e duelli sui social - non si stanno risparmiando veleni. Tutto, apparentemente, gioca per Michetti. Che le diverse anime della destra le ha opportunamente federate già al primo turno. Evitando l’errore di cinque anni fa. Non un punto d’arrivo, ma un buon inizio sì.

 

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