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Austerity finita, ma è uno scherzo. L'annuncio e poi la retromarcia di Gentiloni

Filippo Caleri
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Per un attimo in tanti ci hanno creduto. E anche a ragione perché la possibilità di una modifica del Trattato di Maastricht sul parametro del debito pubblico rispetto al Pil (oggi fissata al 60%) è stata auspicata nientemeno che dall’eurocommissario agli affari economici, Paolo Gentiloni. Che, per un momento, ha illuso la platea dei manager intervenuti al Forum Ambrosetti di Cernobbio sul fatto che l’austerity imposta dalla Merkel e dal suo ministro Schaeuble fosse diventata solo un capitolo dei libri di storia europea. «Il nuovo patto sulla stabilità fiscale della Ue deve rispondere a due problemi: evitare il calo di investimenti privati, incoraggiare gli investimenti pubblici e modificare il tetto del debito fissato al 60% dal trattato di Maastricht in modo più realistico» ha detto Gentiloni. Un messaggio che, in un primo momento, è stato interpretato in un tweet proprio come la volontà di modificare il tetto del debito rispetto al Pil. Una rivoluzione, insomma, dopo anni nei quali Bruxelles ha costretto i paesi più indebitati a stringere la cinghia. E che in fondo potrebbe anche essere plausibile visto l’approssimarsi della fine dell’era Merkel in Germania. Ma i guardiani dell’euro sono probabilmente entrati subito in azione.

 

 

Così fonti dello staff di Gentiloni hanno dovuto chiarire che il commissario si riferiva, in realtà, alla necessità di un aggiornamento delle regole fiscali dopo la pandemia. Il percorso sul quale la Commissione si sta orientando nel modificare il trattato attuale è quelle di perseguire una riduzione verso il 60% più morbida rispetto a quello attuale, che stabilisce che i debiti oltre quella soglia devono essere ridotti di un ventesimo all’anno. Una strada che non è più percorribile dopo le ferite inferte all’economia dal coronavirus. Il diverso metodo di valutazione prevede che la gestione del debito sia diversa da Paese a Paese, tenendo anche conto che con la pandemia le disuguaglianze anche in termini di finanza pubblica si sono allargate. La Commissione sta lavorando da tempo sulla riforma è si attende una proposta già entro la fine dell’anno. Il percorso però non sarà facile anche perché le diverse anime dell’Europa sono in forte contrasto sul punto.

 

 

Una cosa è certa la riforma dovrà trovare una quadra entro la fine del prossimo anno. Il 2023 segnerà infatti la fine della sospensione del Patto di stabilità. In quel momento le attuali regole torneranno in vigore, generando più di un problema per chi come l’Italia dovrà fare i conti con le debolezze strutturali dell’economia. Se per ora i cordoni della borsa sono più larghi a causa della pandemia l’Italia con il suo debito è tra i Paesi che restano sempre tra gli osservati speciali dei falchi. «Bisogna tenerlo d'occhio ed evitare di aggiungere spese permanenti che rendano il peso del debito sempre maggiore e che alla fine si scaricano sulle prossime generazioni» ha ammonito il commissario europeo. Insomma per la fine dell’austerity c’è tempo. E l’illusione data dalle parole di Gentiloni è durata lo spazio di mezzo pomeriggio.

 

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