Bufera su Massimo Fini e Il Fatto quotidiano: augura a Giorgio Mulè di essere ucciso dai talebani
Un commento contro Gianni Riotta, accusato di contare balle sui talebani, che per il Fatto quotidiano sono divenuti stinchi di santo e campioni di democrazia da quando Giuseppe Conte vuole stringere loro la mano. Massimo Fini però si fa prendere la mano e in chiosa dell'articolo scivola davvero nel pessimo gusto, auspicando che il centrodestra mandi i “nerboruti leghisti e i forzuti berlusconiani, a cominciare da Giorgio Mulé, a combattere i Talebani. Per lo meno ce ne saremmo liberati per sempre”. Fini - di cognome ma non di fatto - si augura dunque l'eliminazione del sottosegretario alla Difesa azzurra così se lo può togliere di torno perché pare dargli fastidio. Naturale la bufera politica per l'augurio di morte per chi sta sulle scatole del giornalista, e ovvia la richiesta di scuse che però non sono arrivate né dall'editorialista né dalla testata diretta da Marco Travaglio.
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Mulé, che è anche giornalista, ha replicato a Fini con un un pungente post di Facebook, accettando la battaglia con il “talebano” del Fatto. “Ci sono modi e modi per polemizzare”, esordisce Mulé, “anche in maniera assai ruvida. Ci sta. Fa parte del gioco quando sei in politica e per giunta hai anche responsabilità di governo. C’è poi un modo inaccettabile e vigliacchetto per attaccare una persona ed è quella della minaccia trasversale o peggio dell’incitamento subdolo all’odio e alla violenza. Oggi l’ha fatto Massimo Fini con un articolo sul Fatto nel quale mi augura di morire. In breve il suo auspicio, detto alla romana, è che io vada a morì ammazzato per mano dei Talebani. ‘Per lo meno ce ne saremmo liberati per sempre’, chiosa rivolto a me Fini. I talebani, anche se non hanno la barba lunga e non parlano con la erre moscia, sono già tra di noi. E questo è il vero problema”.
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