Orlando combinaguai: fa infuriare Confindustria e Bonomi lo umilia: "Dici falsità"
Il ministro piddino aveva parlato di "licenziamenti via WhatsApp. Il leader degli industriali si infuria e gli elenca tutti i flop
Botte da orbi tra il ministro del Lavoro Andrea Orlando e il presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Sullo sfondo una polemica che va avanti da giorni. Da quando, cioè, il ministro piddino ha lanciato il suo decreto contro le delocalizzazioni delle grandi aziende - in realtà ancora lontano dal vedere la luce - e, per accompagnare il provvedimento, ha detto che "non si può consentire alle aziende di licenziare con un messaggio su whatsApp".
Una stoccata che non è andata giù a Bonomi che ha deciso di mettere i puntini sulle "I". Inchiodando il ministro a tutti i flop collezionati finora. «Sono certo che sia il ministro del Lavoro Orlando e sia la sottosegretaria Todde, che ha la delega alle crisi d’impresa, sappiano bene che la legge vigente non prevede questa modalità di licenziamento, ma precise modalità di informazione e confronto con sindacati e lavoratori. Devo dunque dedurne che continuare a parlarne è pura propaganda anti-impresa. Una delle tante narrazioni a fini politici che di fatto non ha alcun fondamento» afferma Bonomi in un’intervista all’Huffington Post.
«Io non critico né governi né ministri», sottolinea Bonomi che aggiunge: «Possibile che non sia chiaro a tutti? Io non critico mai le persone, sto al merito dei provvedimenti. In questo caso i provvedimenti che ha fatto il ministro. Prima ha fatto passare in Consiglio dei ministri sul blocco dei licenziamenti una misura che Palazzo Chigi ha dovuto correggere - spiega - poi ha annunciato la riforma degli ammortizzatori sociali e ancora non l’abbiamo vista, ora annuncia una bozza del decreto anti delocalizzazioni ma, a giudicare dal dibattito all’interno del Governo, evidentemente non è quella che andrà in Consiglio dei ministri. Questi sono fatti, non critiche alla persona».
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A proposito della bozza del decreto anti delocalizzazioni, Bonomi spiega: «Noi siamo intervenuti su una bozza di testo su cui i due autori, il ministro Orlando e la sottosegretaria Todde, hanno fatto scrivere i giornali per due settimane. Ritengo sia un diritto dovere per chi rappresenta l’impresa poter fare delle valutazioni di merito. Capisco le dinamiche politiche e le parole di Letta, Gentiloni e gli altri, ma francamente sono davvero sorpreso che si sia voluto far passare il mio intervento come un attacco al governo. Al contrario, come è già avvenuto sui licenziamenti segnaliamo tempestivamente al governo le nostre valutazioni, in modo che anche il presidente del Consiglio ne possa tenere conto. Per rafforzare l’operato del governo, non certo per boicottarlo». Secondo il presidente di Confindustria, «c’è una diversità di opinioni tra i partiti, e tra gli autori della bozza di decreto e il ministro Giorgetti, che sempre del governo fa parte. Starei al merito: i due autori - osserva - hanno detto che si ispiravano alla legge Florange francese. Peccato che proprio quella legge nella parte sanzionatoria sia stata smontata dal Consiglio costituzionale transalpino. Al Mise lo sanno benissimo: riproporla in Italia facendo finta di niente è un doppio errore».
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«Questa dialettica nel governo - prosegue Bonomi- testimonia quanto il nostro intervento fosse fondato. Detto questo non sarò certo io a dire al presidente Draghi ciò che deve o non deve fare, perché lo sa e lo fa benissimo. Mi limito a constatare che siamo costretti a commentare misure che purtroppo continuiamo ad apprendere dai giornali. Il ministro Orlando dichiara che vuole fare un lavoro comune. Bene. E poi? Annuncia che porterà una bozza in Cdm. Così non va. Se si vuole fare un lavoro comune, il confronto deve precedere l’inoltro al Consiglio dei ministri dei testi dei decreti».