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Enrico Letta litiga anche con Bonomi e Confindustria per le critiche al decreto anti-delocalizzazioni

Dario Borriello
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Il lavoro resta centrale nel dibattito politico italiano. A scaldare gli animi sono ancora le parole del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che sabato, dal palco del Meeting di Rimini, aveva puntato il dito contro il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, per il decreto anti-delocalizzazioni. Ma anche verso i sindacati, sul piede di guerra sul Green pass per l’accesso dei lavoratori nelle imprese. Dalla riva sinistra della politica italiana sono piovute subito critiche alle dichiarazioni del leader degli industriali, alle quali non si è sottratto il segretario del Pd, Enrico Letta, anche se con toni meno puntuti: «Nessun intento punitivo nei confronti degli imprenditori - dice l’ex premier - Quello che il governo Draghi, con il ministro Orlando, sta cercando di impostare è un lavoro per essere più attrattivi e far sì che le imprese non se ne vadano». Letta fa paragoni con i partner continentali: «Per far sì che ci sia un rapporto con i territori che consenta maggiore fiducia e responsabilità sociale - spiega il suo punto di vista - In tutta Europa si sta facendo così: lo hanno pensato o ci stanno lavorando in Francia, Germania, Spagna». Il leader dei Democratici sottolinea come «la concertazione a tre tra sindacati, governo e associazioni delle imprese sia il luogo giusto per trovare la soluzione migliore», oltretutto si augura che «ci sia la massima estensione dell’uso del Green pass e che ci sia il protagonismo di tutti: ognuno deve assumersi le proprie responsabilità».

 

 

Anche dai sindacati la reazione è forte. «Per noi il vaccino rimane l’unica vera arma che potrà portarci fuori dalla pandemia, per questo chiediamo al governo e al Parlamento di approvare urgentemente una legge che introduca l’obbligo vaccinale per tutti i cittadini», tuona dalle colonne di «Messaggero» e «Mattino» il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra. Che risponde a Bonomi: «Ci siamo mostrati disponibili ad aggiornare, rafforzare e adeguare i protocolli già il 2 agosto, in occasione di un vertice con il premier Draghi. Quella volta abbiamo anche detto al presidente del Consiglio che avremmo sostenuto un’eventuale legge sull’obbligo vaccinale. Non accettiamo lezioni da nessuno».

 

 

In questo scenario si innesta anche un’altra polemica, quella sulla quarantena dei lavoratori. Per i senatori M5S della commissione Lavoro di Palazzo Madama «il mancato rifinanziamento delle indennità di malattia per le quarantene da Covid è un errore abnorme da parte del governo Draghi. Un inciampo gravissimo». Allarme che fa il paio con quello lanciato Unimpresa, che lo considera «un altro salasso per le imprese italiane in vista della ripresa post ferie e delle riaperture». Perché «se le aziende non copriranno le prestazioni Inps, per i lavoratori ci sarà un danno in busta paga tra i 600 e i 700 euro, in media, per 10 giorni di assenza. Dovranno inevitabilmente "coprire" il mancato riconoscimento da parte dell’Istituto». Si prospetta un finale d’estate molto caldo, sul fronte lavoro.

 

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