Scuola ko col green pass a rotelle
L’unica differenza dall’anno scorso è che ai banchi a rotelle non pensa più nessuno. La scuola sta per cominciare e ancora una volta riaprirà in modo più o meno impreparato come l’anno scorso. Non è più ministro Lucia Azzolina, ma il cambio non è epocale: il suo posto è stato preso dal primo dei suoi vecchi consulenti, Patrizio Bianchi. Allora consigliava male, oggi tocca a lui razzolare alla stessa maniera. Così se la soluzione a tutti mali l’anno scorso erano i banchi a rotelle (che poi sono restati inutilizzati nei magazzini), quest’anno il nuovo totem al cui cospetto ci schianteremo ancora una volta si chiama «green pass».
Quello che ancora si esita a imporre in tutti i posti di lavoro, sarà invece obbligatorio a scuola, così da mettere a posto la coscienza di Bianchi e di tutti i presidi (che però storcono un po’ il naso su chi dovrà controllare i documenti). Così sono tutti convinti di avere risolto ogni problema per gli alunni in presenza, e una bella mano a rassicurarli su questa sonora sciocchezza l’ha data il solito ineffabile Cts, il comitato che vorrebbe essere tecnico ma che si limita ogni volta ad assecondare i desiderata di quegli "scienziati" del governo o in loro assenza del generale Francesco Paolo Figliuolo, al cui volere si allinea ogni parere di Franco Locatelli & c. Quando il ministro Bianchi qualche settimana fa ha bussato alla porta del Cts per chiedere quali regole applicare per l’inizio dell’anno scolastico, i nostri ineffabili simil- scienziati hanno sbattuto gli occhietti meravigliati rispondendo: «Quali protocolli? Gli stessi dell’anno scorso». E infatti l’anno scorso fu un successo conclamato la scuola in presenza: in due mesi contagi saliti di oltre il mille per cento, quattro volte le altre fasce di età della popolazione italiana. Praticamente quei protocolli provocarono una bomba virale che originò prima la seconda e poi la terza ondata del virus compiendo una delle più incredibili stragi mai viste nel mondo occidentale. Come non riproporli oggi? A vedere le folli risposte date, ho l’impressione che i membri del Cts durante le riunioni siano sotto il tiro dei kalashnikov dei talebani.
"Controlli impossibili". Protesta contro il green pass, la scuola riparte nel caos
In Israele l’8 agosto scorso hanno riaperto le scuole ultra-ortodosse degli ebrei Haredim. Quel giorno il loro gruppo rappresentava il 5% dei nuovi casi di coronavirus registrati in tutto il paese. Nove giorni dopo, il 17 agosto, i contagi fra gli Haredim erano diventati il 12% di quelli registrati in tutto il paese. Più che raddoppiati, con il personale della scuola tutto vaccinato con due dosi e per buona parte pure con la terza che ormai è stata data a una parte consistente della popolazione. Avevano dunque un super Green pass, agli occhi di Bianchi & c. Ma non è servito a nulla. Come ormai è chiaro a chiunque legga gli studi che settimanalmente vengono pubblicati sul British Medical journal, su Lancet e Nature a proposito del comportamento della variante Delta del virus con vaccinati e non vaccinati. L’ultimo che riguarda un test approfondito effettuato in Massachusetts segnala addirittura una maggiore incidenza del contagio fra chi ha avuto ciclo di vaccinazione completa rispetto a chi non aveva ricevuto alcuna dose. Ma in genere in quasi tutti gli studi pubblicati è più o meno equivalente la diffusione del contagio fra vaccinati e non vaccinati. Il green pass basato sul vaccino quindi non protegge proprio nessuno dal contagio, ed è assolutamente inutile a questo scopo a scuola. I governi che hanno letto gli ultimi studi hanno iniziato a prendere le loro decisioni conseguenti: terza dose di vaccino in Israele dopo il sesto mese, probabile terza dose di vaccino negli Stati Uniti dopo l’ottavo mese. Già da Ferragosto però negli Stati Uniti anche chi è completamente vaccinato è obbligato per tornare al lavoro in presenza in tutti i palazzi delle istituzioni a fare un tampone che andrà ripetuto almeno una volta alla settimana.
Dunque sarebbe bene che i loro collaboratori spiegassero a Papa Francesco e al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che non è affatto vero che «vaccinarsi è un atto di amore e di responsabilità verso gli altri», perché la scienza sta provando l’esatto opposto: vaccinarsi non serve a proteggere chi hai intorno perché hai la stessa possibilità di trasmettere loro il virus che avevi prima. Continuare a ripetere un assunto che non è vero rischia di fare danni anche seri, perché la gente vaccinata viene convinta a potersi muovere in una sicurezza che non è tale e tende normalmente a non adottare altre precauzioni che invece continuano a servire (distanziamento e mascherina in luoghi chiusi o in caso di assembramento).
Lo slogan giusto è «vaccinarsi protegge te stesso, ma non gli altri da te». Quindi è un atto di amore egoistico, non altruistico e buonista. La protezione è provata da tutti gli studi anche se inferiore a quanto previsto per la versione base del virus (dalla Delta il vaccino protegge un po’ meno), ma è assai incerta la durata di quello scudo personale che evita ai più ospedalizzazioni e terapie intensive (che pure esistono anche per i vaccinati). È probabile che fra il sesto e il nono mese (tanto dura il nostro green pass) anche quella protezione verso se stessi si attenui e man mano si riduca a quote percentuali assai basse. Il green pass vaccinale in queste condizioni rischia quindi di essere il principale pericolo per la salute pubblica, offrendo illusioni invece che protezioni.
Se questa è la sola ricetta per riaprire la scuola, siamo fritti: si rivelerà un green pass a rotelle, mettendo ancora una volta questo autunno tutti nei guai. Che passi in avanti si sono fatti invece sulle sole cose ragionevoli, e cioè classi molto ridotte, spazi larghi nelle aule, sistemi di areazione importanti con filtri e ricambio d’aria? L’impressione fin qui è che non ne sia stato fatto nemmeno uno. E che la storia non abbia insegnato nulla a nessuno.