Andrea Costantino, "una rappresaglia contro l'Italia": perché il trader resta in prigione ad Abu Dhabi
Non c’è bisogno del green pass per entrare nelle carceri arabe. Il guaio è se non ti fanno uscire perché sei italiano. Pare stare qui la chiave di volta per capire il giallo dell’imprenditore milanese in galera da quasi cinque mesi, Andrea Costantino. I contorni della vicenda sono incredibili e c’è bisogno del massimo di iniziativa diplomatica per venirne a capo. Ma finora c’è stato un menefreghismo intollerabile.
Il 21 marzo scorso lo hanno preso a Dubai, in albergo, e lo hanno sbattuto in cella ad Abu Dhabi. Due mesi dopo Andrea Costantino è riuscito a parlare solo telefonicamente con la sua compagna, Stefania Giudice, con cui vive la loro piccola figlia Agata. Poi altri contatti telefonici tre volte a settimana - ma non sempre – per sei minuti appena. A quel punto arriva il gong, una lingua araba invita l’imprenditore italiano prigioniero a chiudere la conversazione. Torna il buio, per lui e la sua famiglia.
Ma le chiacchiere stanno a zero. Quell’uomo – qualunque uomo – ha diritto alla difesa. A sapere di che cosa è accusato. Ad essere processato. Ad essere visitato in carcere: neanche questo, se non per pochi istanti, da parte di qualche nostro diplomatico. Incredibilmente non ci può andare neppure il suo avvocato. E l’Italia non riesce a garantirne i diritti.
Andrea Costantino non è un criminale. Non ci sono precedenti a suo carico. Lavora con i paesi arabi, fa su e giù con l’export dall’Italia. Da oltre dieci opera con successo negli Emirati, con una società di trading con autorizzazioni governative anche nel settore “Oil and Gas”.
Per questo comincia ad emergere un’altra verità, che forse è il motivo di quella che appare sempre di più come un rappresaglia contro la nostra Nazione.
Gli sceicchi sono arrabbiati con l’Italia per l’embargo sulle armi, fino al 2019 le avrebbero utilizzate nella guerra contro il nemico yemenita. Ci fu anche una disposizione europea per non vendergliele: l’ha rispettata solo Roma… Ad attivare lo stop alle vendite di quello che è considerato materiale per la difesa, fu una risoluzione del 29 gennaio scorso, voluta dai Cinque stelle, ultimo atto della maggioranza di Giuseppe Conte. Si cancellava la possibilità di fornire materiali militari prodotti in Italia agli Emirati. E forse proprio per questo è imbarazzante la posizione di Luigi di Maio su quell’italiano prigioniero negli Emirati Arabi. Che non si fidano di noi.
E prosegue la tortura. Basti pensare che da marzo ad oggi c’è stato un solo, breve e addirittura cordiale, interrogatorio di Costantino. Ovviamente senza avvocato. Senza alcuna traccia del mandato di cattura.
Con il paradosso di stare chiuso in una cella senza conoscere i reati attribuiti. Alla Farnesina parlano di una “nota verbale” ricevuta dagli emiratini in cui si fa riferimento a riciclaggio e finanziamento del terrorismo. E chiudono la pratica senza farsi dire dove sarebbero stati commessi questi reati, quando, in che maniera, assieme a chi. Nulla di nulla. Siete capaci di alzare la voce al ministero degli Esteri? Le indiscrezioni parlano di un misterioso carico di gasolio risalente al 2016, una regolare transazione commerciale tra una società emiratina e una yemenita. Tutto qui?
Va detto che Di Maio è andato a Dubai nel mese di aprile per una missione internazionale. Ha posto domande alle quali nessuno si è degnato di rispondere. Idem è accaduto per il direttore generale della Farnesina per gli italiani all’estero, che ci è andato nel mese di luglio. Anche per lui niente da fare.
Il ministero degli Esteri e l’ambasciata italiana a Dubai sono tempestati di telefonate e missive dai familiari dell’imprenditore: tutto inutile.
La compagna di Costantino, assieme all’avvocatessa italiana Cinzia Fuggetti, si è rivolta anche a Sergio Mattarella e Mario Draghi, per sollecitare l’attenzione delle più alte cariche istituzionali al caso di questo nostro connazionale recluso da troppo tempo. Neanche uno straccio di risposta. E sembra davvero incredibile.
Quali equilibri geopolitici si ha paura di urtare? Si tratta semplicemente di avere coraggio. Bisogna semplicemente prendere la risoluzione parlamentare del gennaio scorso e strapparla, annullarla, toglierla di mezzo. Se non riprendono i rapporti commerciali tra i due Stati nel settore difesa, la situazione di Andrea Costantino non si risolve.
C’è anche un tema di credibilità nazionale, perché la logica dei “dispetti” ha portato l’Italia ha ricevere altri ceffoni dagli sceicchi. Ad esempio, a conclusione della nostra missione in Afghanistan, è stato impedito ai nostri aerei militari di avvalersi persino della base militare di Al Minhad. E il ministro della Difesa Lorenzo Guerini si sarebbe indispettito assai.
Alle missive della Farnesina ormai dagli Emirati non rispondono, c’è un brutto clima. E intanto Costantino sta in galera, senza sapere se e quando lo processeranno mai.
Alcune forze politiche, incluso Fdi dall’opposizione - e va segnalata anche una nota diffusa dalla leader Giorgia Meloni – stanno cominciando a muoversi. Un dossier sull’argomento è anche all’attenzione del leader della Lega Matteo Salvini. Nessuno chiede trattamenti speciali per quell’italiano: ma salvaguardia del suo diritto a difendersi da qualsiasi tipo di accusa.
Il 4 agosto la Commissione Esteri della Camera ha comunque approvato un documento in cui sottolinea la necessità di superare “misure restrittive precedentemente assunte”, come lo stop dell’export di armi dall’Italia agli Emirati Arabi Uniti, nell’ambito del rilancio “delle relazioni bilaterali, rivitalizzando la cooperazione politica, economica, militare e culturale in tutti i campi di comune interesse”.
Nel documento la commissione di Montecitorio invita il Governo a “rafforzare la cooperazione strategica con i Paesi del Golfo che, come nel caso degli Emirati Arabi Uniti, hanno assunto una nuova e più responsabile postura nella regione a sostegno di dialogo, pace e stabilità, come dimostra l’impegno a fianco dell’Occidente nel contrasto al terrorismo fondamentalista di Daesh ed al-Qaida, il sostegno umanitario devoluto alle Nazioni Unite dagli Emirati per la popolazione yemenita e il ritiro delle forze armate di Abu Dhabi dal conflitto yemenita – dichiarato dalle autorità emiratine e noto anche alle nostre Autorità”. Una circostanza “positiva alla luce della quale rilanciare le relazioni bilaterali” in tutti i campi e “superare” le precedenti “misure restrittive precedentemente assunte”. E’ evidente che soprattutto il premier ha ora una carta in più da giocare per riportare a casa Andrea Costantino.