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Da Giuseppe Conte il primo cinepanettone sulla riforma Cartabia: solo Marco Travaglio lo prende sul serio

Francesco Storace
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Come prima uscita non è male. Forte del plebiscito senza concorrenza per la guida dei Cinque stelle, Giuseppe Conte ha sfornato il primo Cinepanettone. Dedicato alla riforma della giustizia del ministro Marta Cartabia. “Appena avremo i voti la cambieremo”, promette ai fan del Fatto Quotidiano dove può rispondere qualunque cosa a patto che non ci siano domande giornalistiche. A sentirlo bofonchiare, Conte fa l’effetto dello smemorato di Collegno. Chissà dove ha messo la testa, perché in quella che mostra non sembra esserci traccia del voto favorevole dei ministri M5s alla riforma osteggiata in ritardo.

 

 

Vero, Giuseppi in tuta da combattimento potrebbe sempre dire “ma come, se hanno persino minacciato di dimettersi dal governo”. Anzi no, ci hanno ripensato subito e gloriosamente affermato di non voler lasciare le poltrone bensì di astenersi in Parlamento nei voti sulla giustizia. Tanto per fare la loro bella figura. Poi però l’hanno votata proprio in Parlamento. E qui salta la bella faccia tosta dell’ex premier, pronto a rivendicare – come se volesse davvero farsi prendere sul serio – che con Mario Draghi ci ha pensato lui e lo ha costretto a cambiare la riforma, ohibò. Sì, in lunghissimi 14-15 minuti di colloquio a Palazzo Chigi, trasformati in tre quarti d’ora dal solito Rocco Casalino, approfittando della gentilezza del premier. La chiacchierata era finita troppo presto per mimetizzare la resa di Draghi e, come ha rivelato non smentito Luigi Bisignani proprio a Il Tempo, Conte ha chiesto a SuperMario una stanza per poter fare qualche telefonata. Per fingere una mega durata della conversazione col capo del governo.

 

 

Ecco, ora sta fingendo ancora. Conte minaccia sfracelli che non ci saranno, perché comunque non avrà mai più i voti di adesso. E, siccome tutti ne conoscono la vocazione alla bugia, nessuno lo prende più sul serio. A parte Marco Travaglio.

 

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