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Quei timori di Matteo Salvini sulle scelte di Mario Draghi: il retroscena sulle tensioni

Pietro De Leo
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Quanto fosse complessa la sfida del governo Draghi per un leader come Matteo Salvini era chiaro fin dalla fase di gestazione dell’Esecutivo. Dopo un anno e mezzo di ritorno al bipolarismo classico, l’arrivo a Palazzo Chigi dell’ex numero uno BCE ha scompaginato la geografia politica, creando ovviamente un problema di riscrittura del proprio profilo ad una leadership così identitaria che, oggi, si trova a far evolvere i propri connotati. E soprattutto a fare i conti con le dinamiche di una coalizione di unità nazionale che prevede un’agenda basata sul compromesso, e rende per forza di cose il percorso accidentato. Così, questa è per Matteo Salvini, e per la Lega, un’estate assai complicata. A doppio tenore. C’è il successo della mobilitazione per raccogliere le firme dei referendum sulla giustizia, promossi assieme ai Radicali, che ha visto un grande afflusso ai banchetti e la partecipazione di molti esponenti bipartisan. A testimonianza di un’evoluzione della Lega in senso garantista. E poi c’è la complessa agenda di governo, il cui assetto può anche rivelare qualche amara sorpresa. È il caso, ad esempio, del coinvolgimento di Elsa Fornero nel pool di consulenti sulla politica economica radunati dal sottosegretario Bruno Tabacci. Si tratta di un incarico a titolo gratuito, ma che comunque ha un contenuto mica da ridere: Fornero, infatti, è il volto di quella riforma del sistema pensionistico per abbattere la quale Salvini e la Lega hanno concentrato energie politiche ed un grande battage mediatico, senza esclusioni di colpi (verbali) tra i due diretti interessati. Ritrovarla in zona Palazzo Chigi assume un chiaro peso politico, tanto che la Lega ha annunciato un’interrogazione, con una certa apprensione per eventuali riflessi sulle politiche delle pensioni.

 

 

Entrando più strettamente nelle realizzazioni dell’Esecutivo, balza sicuramente agli occhi la disciplina del green pass. La «via italiana» sull’utilizzo della certificazione è meno perentoria di quella francese, ma in ogni caso deviante rispetto a quanto promosso per settimane dal leader della Lega, contrario a qualsiasi obbligo. Semmai, aveva affermato Salvini, secondo lui il green pass avrebbe potuto avere un senso allo stadio e dunque in eventi di larga partecipazione, ma non ha mai approvato un utilizzo per determinare la vita quotidiana e il funzionamento di fatto di molte attività, cosa che poi è effettivamente avvenuta con il decreto del governo. E proprio sul tema dell’obbligatorietà, peraltro, si determinerà anche il confronto delle prossime settimane, soprattutto sull’eventuale onere in capo al personale scolastico e agli studenti. Il tema è evitare il ritorno della Dad. Il leader della Lega si è già pronunciato contro l’obbligo, ma il tema senz’altro è sul tavolo e una parte del governo è favorevole all’ipotesi.

 

 

E poi c’è il tema dei temi, l’immigrazione clandestina. Il dossier è assai vivo, e negli scorsi mesi ha visto un confronto costante tra la Lega e il ministro Lamorgese, non esente da momenti di tensione. La strategia europea di contrasto all’immigrazione clandestina ancora non è venuta alla luce (criticità ben nota e non solo di questi anni), così l’Italia resta esposta ai flussi del Mediterraneo centrale. Su cui rischia di esercitare un’influenza anche l’instabilità politica che sta avvolgendo la Tunisia. Proprio quel Paese, ora, è il principale punto di partenza del Mediterraneo, come ha spiegato in audizione al Comitato Schengen il Procuratore Antimafia Cafiero De Raho, il quale ha aggiunto un particolare: c’è il rischio di infiltrazioni di terroristi nelle traversate. Anche questo argomento sarà incandescente nelle prossime settimane, specie considerando che Fratelli d’Italia preme molto sul punto. Altra questione dirimente, poi, è l’economia e l’invio delle cartelle esattoriali. Tutto sospeso fino al 31 agosto. Il nodo vero, però, è sul sistema di rottamazione e rateizzazione. La questione fiscale, che incombe sulla classe media falcidiata dal Covid, assieme all’intenzione di evitare nuove penalizzazioni, è uno dei punti qualificanti alla base della partecipazione leghista a questa difficile esperienza di governo.

 

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