scontro sui diritti

Il muro Pd affossa il ddl Zan

Ronny Gasbarri

Il ddl Zan domani torna nell'Aula di Palazzo Madama per la discussione generale, e si alza sempre di più il pressing di Lega, FI e Italia Viva, nei confronti del Pd, sordo finora alle richieste di accordo politico per modificare il provvedimento contro l'omostransfobia. La prossima sarà una settimana decisiva visto che sempre martedì (alle 12) scadranno i termini per la presentazione degli emendamenti e si capirà quale timing avrà l'esame del testo nell'emiciclo.

I botta e risposta tra le varie forze politiche intanto non accennano a placarsi. «Se Salvini vuole confrontarsi con noi rinneghi pubblicamente le norme anti-Lgbtqi+ approvate in Ungheria», è il messaggio spedito dal segretario dem, Enrico Letta, che sul tema vuole discutere «con persone che hanno una sola faccia». «Mettiamoci d'accordo, non andiamo allo scontro in Aula» la replica del leader del Carroccio, che ha trovato una sponda nell'altro Matteo, Renzi, anche lui a favore di una riformulazione e promotore di una proposta per sbloccare l'impasse: «I capigruppo di maggioranza del Senato coinvolgano quelli della Camera per stabilire assieme un cronoprogramma stringente: si approva la legge Zan con le modifiche concordabili e al tempo stesso alla Camera si impegnino subito a calendarizzare la terza e ultima lettura. Modificando gli art. 1, 4 e 7 la legge si chiude col consenso se non di tutti, di tanti».

  

 

 

 

 

 

Il consenso è il vero problema con cui deve fare i conti il ddl, che comunque rischia di slittare a settembre, dopo la pausa estiva, per l'arrivo in Aula di altri decreti più urgenti da approvare (Sostegni, Semplificazioni e Cybersicurezza). «Le leggi in Parlamento si approvano con i numeri - ha ricordato infatti il presidente di Iv, Ettore Rosato - Chi pensa di farle approvare senza, evidentemente fa solo demagogia. E in questo senso il Pd ne sta facendo tantissima». Con i voti del M55, più quelli di Pd, Leu e Iv, è il ragionamento di Rosato, «si arriva a 135, e ne servono 161» per il via libera. Quindi o si trova un'intesa, «anche con quel pezzo di centrodestra che si è dimostrato disponibile», oppure si rischia la bocciatura in occasione del voto segreto. A invocare un'inversione di marcia del Pd è anche la ministra per le Pari Opportunità, Elena Bonetti: «Me lo auguro perché il Partito democratico per sua vocazione vuole le riforme. Quindi del tutto inspiegabile una posizione di arroccamento. I veri riformisti non si accontentano dell'"avremmo voluto fare", ma vogliono produrre e cambiare». «Un risultato è stato ottenuto - aggiunge - perché tutto l'arco parlamentare dice che è necessaria una legge contro l'omotransfobia, e questo non era così scontato. C'è una dimensione di trasversalità così forte che dobbiamo saperla interpretare. È un appello davvero al dialogo». Che tuttavia al momento non sortisce effetto. Anzi, le dichiarazioni di Letta («se non fossi rimasto fermo sul testo approvato alla Camera, a quest' ora staremmo ancora negli scantinati della commissione Giustizia»), innescano la replica piccata del leghista Andrea Ostellari, presidente della Commissione: «Non posso tollerare che manchi di rispetto verso il Parlamento e le sue istituzioni, proprio mentre si candida per un seggio alla Camera. Altro che scantinati! La smetta di inventarsi delle scuse, risponda agli appelli». Che arrivano anche da FI per bocca della senatrice Licia Ronzulli: «Come andrà a finire dipenderà da fino a che punto sinistra e M5s vorranno tirare la corda. Di certo il testo così com' è non ha i numeri. Chi dovesse continuare a rifiutare il confronto si assumerà la responsabilità di aver affossato la legge».