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Sul ddl Zan il Partito Democratico tira dritto. Si va alla conta, numeri in bilico

Ronny Gasbarri
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Dopo i primi due giorni caratterizzati dalle votazioni su questioni pregiudiziali e sospensive, entrambe respinte, è scattata nell’Aula del Senato la discussione generale sul ddl Zan. La proposta di legge contro l’omotransfobia è appesa a un filo sottilissimo, i numeri di Palazzo Madama infatti sono tutt’altro che certi, così come i tempi in cui verrà esaminato il testo. La discussione è stata sospesa e riprenderà la prossima settimana, martedì 20 luglio. Nella stessa giornata, alle 12, è stato fissato anche il termine per la presentazione degli emendamenti. I tempi quindi sono legati sia alla discussione sia al voto. Ma non solo, prima della pausa estiva sono molti i decreti in scadenza che arriveranno in Aula (ad esempio il Sostegni bis e il Semplificazioni) e quindi bisognerà capire se ci sarà lo spazio per completare l’iter prima della pausa estiva. In caso negativo inevitabile lo slittamento a settembre. A prescindere dalle tempistiche, le posizioni in campo sono ormai cristallizzate. Il Pd ha respinto al mittente ogni tentativo di mediazione arrivato dal centrodestra (ma anche da Italia Viva) per provare a convergere su un testo condiviso.

 

 

I dem tirano diritto, ben consapevoli però - come ammesso dalla presidente dei senatori, Simona Malpezzi, in occasione dell’assemblea del gruppo - che «la situazione è delicata». «Ma non dipende da noi che continuiamo ad essere convinti di questa legge e di questo testo - le parole della Malpezzi - Andiamo avanti in attesa degli emendamenti delle altre forze politiche per vedere quale direzione vogliono prendere. Ritengo che sia giusto mantenere la linea di non presentare emendamenti, mentre penso sia molto utile proseguire sulla strada di qualificanti ordini del giorno». A rispondere a Malpezzi è però la vicepresidente di FI al Senato e responsabile del movimento azzurro per i rapporti con gli alleati, Licia Ronzulli, secondo cui l’idea di non presentare emendamenti, ma solo ordini del giorno, «se anche volesse essere una timida apertura per giungere a un testo condiviso, non è praticabile. Il provvedimento va corretto prima, non basta rinviare le modifiche, attraverso qualche ordine del giorno, a dopo la sua entrata in vigore. Anche perché se non si superano le attuali criticità del testo non ci sono i numeri perché venga approvato».

 

 

In Aula intanto tra i vari interventi già archiviati (sono una sessantina quelli previsti) spicca quello commosso della senatrice di Forza Italia Barbara Masini, che la scorsa settimana ha fatto coming out affermando di essere favorevole al ddl. «Giunti a questo punto - le sue parole - sarebbe grande la sconfitta di vedere ancora una volta morire un disegno di legge per il quale, in 25 anni, tutte le volte che è stato tentato un iter legislativo, non è stato poi terminato ed è stato affossato in uno dei due rami del Parlamento. 25 anni che una comunità di persone è costretta a sentirsi figlia di uno Stato minore. Quando capì di me, mia madre mi disse: ho paura per te. A voi tutti auguro di poter guardare negli occhi i vostri cari, quelli di oggi e quelli di domani, e anche quelli che un domani saranno diversi dai vostri desideri e poter dire loro: io, nel mio piccolo, ti ho protetto dalla paura».

 

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