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Governo, Gianluigi Paragone contro la riforma: "È una giustizia al massacro". Così favoriscono Europa e banche

Gianluigi Paragone
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Sul tavolo del governo c’è la questione scottante legata alla Giustizia. Anche sui tavolini della Lega e dei Radicali c’è la raccolta firme sulla giustizia. Infine nel Pnrr ci sono pezzi che riguardano la piega che l’Italia deve prendere rispetto alla velocizzazione dei tempi della giustizia secondo quanto stabilito dall’Europa; ed è per questo che la Cartabia ci ha messo la testa e Mario Draghi la faccia. E non è forse nemmeno un caso che per il Quirinale i due nomi più gettonati siano proprio loro due: l’ex presidente della Corte Costituzionale e l’ex presidente della Bce.

Ma qual è l’idea di giustizia verso cui stiamo andando? Il tema propagandistico è sicuramente quello di una indipendenza della magistratura talmente debordante che di fatto sono gli unici a fare e disfare (anche le vite degli altri) senza mai pagare dazio. Che dunque una rivisitazione di tale potere sia d’obbligo non v’è dubbio. Ma che senso ha prendere atto dello strapotere della magistratura quando poi è la stessa politica, al fine di accelerare i tempi, a ridare potere assoluto a certi giudici. Il mondo dei tribunali fallimentari non viene mai toccato eppure anche lì vi sono magistrati che calpestano la dignità delle persone. Pochi controlli e zero responsabilità in caso di abusi. È giustizia?

Domando alla Lega e al M5S, che senso ha ritornare alla barbarica modalità per cui i soggetti esecutati debbano essere sbattuti fuori di casa prima dell’asta immobiliare? All’inizio della legislatura, dopo non poche battaglie e parecchie resistenze, riuscimmo a far passare la legge Bramini, imprenditore simbolo di una battaglia contro le storture delle procedure fallimentari. In quell’occasione chiesi all’allora ministro Bonafede di far luce sulle sezioni fallimentari dei tribunali perché sono troppe le ombre su talune dinamiche. Niente, silenzio.

Adesso scopro che nelle pieghe delle pseudo-riforme si torna all’antico, per fare un favore alle banche: casa liberata prima dell’asta e possibilità durante l’asta di formare un prezzo vile a scapito del debitore che quindi oltre al danno subisce la beffa. Ce n’era bisogno? E c’era bisogno di comprimere i diritti del debitore a vantaggio di chi detiene la garanzia dell’immobile? Che fine fanno lo spirito e le garanzie costituzionali?

Finita la pausa del lockdown si dice che 120mila case di abitazione saranno svendute nelle aste immobiliari: possibile che non ci siano altre soluzioni eque di fronte al gigantesco problema del debito? Vogliamo vedere aumentare la gente che dorme fuori casa in alloggi di fortuna?

La domanda ha grande valore politico se si pensa del tipo di imprenditoria italiana (piccolissima e piccola), del particolare momento di difficoltà nella ripartenza e le criticità con le banche. Chi mette l’immobile a garanzia delle linee di credito richieste per fare impresa o per non soccombere, lo fa non solo perché è stritolato ma anche - spesso - perché è la massima garanzia che il piccolo imprenditore offre a sostegno della sua mission. Pertanto è profondamente sbagliato - oltre che socialmente ingiusto - ciò che il governo sta concedendo all’Europa e alle banche.
Sembra che al parlamento vada bene assistere a un massacro sociale che coinciderà con la crisi delle piccole aziende (so di tanti capannoni che stanno saltando), il massacro delle partite iva e il licenziamento di migliaia di lavoratori.

E - per chiudere - aggiungo: che giustizia ci sarà per i balneari e gli ambulanti, sul cui capo pende ancora la spada della Bolkenstein? Con che faccia i candidati vanno fuori dagli stabilimenti a chiedere le firme per i referendum o tra le bancarelle dei mercati a chiedere il voto per le amministrative quando ancora una volta il nostro governo si piegherà al volere delle logiche di Bruxelles?
 

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