Mario Draghi, le pazze nomine del premier. Dopo la Rai il dossier dei vertici delle Forze Armate
Caro direttore, dopo la Rai tempo di nomine anche per le Forze Armate. E, come diceva Andreotti, l'unica guerra che i nostri generali sanno fare è quella tra loro. La partita a risiko è già iniziata: il supercommissario Figliuolo, con i suoi 55 milioni di vaccini, vuole ora il «green pass» per diventare, a novembre, Capo di stato maggiore della difesa al posto del generale di squadra aerea Enzo Vecciarelli, fortunatamente in uscita dopo aver acuito una guerra senza senso tra Marina e Aeronautica.
Se invece la battaglia dovesse vincerla il generale Pietro Serino, Figliuolo, ormai anche lui in trans mediatica e sempre più somigliante al generale paranoico del Dottor Stranamore di Kubrick, potrebbe aspirare a prendere il suo posto come Capo di stato maggiore dell'esercito, oppure ambire a fare il Segretario generale della difesa, il vero Ceo delle Forze Armate.
Tuttavia, alla Segreteria della difesa sarebbe molto più naturale che approdasse l'attuale numero due, l'ammiraglio triestino Diego Giacomin; ma si sa che, in fatto di nomine, Mario Draghi vuole fare il fenomeno, come in Rai. Per Viale Mazzini ha scelto, sbagliando clamorosamente i ruoli e forse anche i profili, Carlo Fuortes, impresario Pd, e Mariella Soldi, manager televisiva in sedicesimo. Dopo le disastrose esperienze di altri due «esterni»,
Campo Dall'Orto e Salini, la Rai aveva bisogno di scelte interne e certo non di una Presidente che rischia di essere bocciata clamorosamente dalla Commissione di Vigilanza e di un capo azienda che si è cimentato in modesti, sia pur prestigiosi, enti culturali da sempre cari alla sinistra. Comunque, sembra che almeno per la Difesa SuperMario stia segretamente coltivando l'opzione giusta. Con una piccola modifica a mezzo Dpcm, di contiana e funesta memoria, potrebbe per la prima volta nella storia nominare come Capo di stato maggiore della difesa il Comandante generale dei Carabinieri Teo Luzi, unanimemente riconosciuto come il più autorevole ufficiale, con la «U» maiuscola.
Il premier darebbe così un segnale importante alle Forze Armate italiane, sempre più riconosciute, con i Carabinieri in prima fila, nel mondo, espressione di pace e per l'Arma, finalmente, un riconoscimento della loro padteticità con le altre Forze militari e di Polizia. Per l'Aeronautica la partita pare invece chiusa con la promozione del generale Luca Goretti, ben conosciuto a Washington, mentre più avanti nel tempo per il Comandante della Guardia di Finanza Giuseppe Zafarana, che ha ridato prestigio alle Fiamme Gialle, la carica più probabile potrebbe essere quella di direttore dell'Aise al posto del silenzioso, ma stimatissimo Gianni Caravelli. Dopo l'infausto passaggio a Palazzo Baracchini dell'ex ministra grillina Elisabetta Trenta, ora rifugiatasi in Italia dei Valori, l'M5s sa di aver perso il consenso del mondo militare che aveva in gran parte votato per loro fiduciosi nell'aspettativa, completamente disattesa, dell'«uno vale uno».
L'ultima barzelletta rifilatagli dal Movimento è il disegno di legge predisposto dalla deputata Emanuela Corda che avrebbe dovuto istituire il diritto di tutte le forze militari ad avere un'organizzazione sindacale; facoltà peraltro già avallata nel 2018 dalla Corte Costituzionale. Ma non è l'ennesima figuraccia che deve preoccupare i 55te11e quanto de) che ne deriva: una potenziale perdita di 3 milioni di voti alle prossime elezioni che contribuirà ad affossarli ulteriormente. Peraltro, con il paradosso che proprio la Trenta aveva autorizzato la costituzione di associazioni sindacali divenute ora carta straccia senza una legge che le supporti. La prossima settimana ci saranno i primi Stati Generali di 18 tra le associazioni sindacali militari nate in questi anni e si prevede una guerra all'ultimo sangue al ddl. Dopo la giustizia, a Draghi toccherà quindi sedare anche le guerre nel mondo della Difesa e cercare di disinnescare tutte le altre mine che rischiano di farlo saltare. A partire dai nomi, con votazione segreta, per il cda della Rai dove il Pd vuole continuare a farla da padrone nel mondo della cultura e dell'informazione. Ma forse una Rai tutta piddina, da Rai Uno alle direzioni più importanti, piace al Premier che sogna il Colle e non vuole intralci.