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Mario Draghi regala la guida Rai al Pd: tutti i poteri a Fuortes, nuovo ammininistratore delegato

Franco Bechis
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Alla fine la montagna Mario Draghi sulla Rai ha partorito un topolino. Un topolino rosso: Carlo Fuortes, sovrintendente del Teatro dell'Opera di Roma. Manager inventato da Walter Veltroni e da chi guidava il Pd a Roma all'epoca, amato da Ignazio Marino e da Carlo Calenda che quasi quasi lo voleva candidato sindaco di Roma per unire sinistra e grillini, e poi passato alle coccole di Dario Franceschini che l'ha nominato, rinnovato e rinominato una terza volta tornando al governo del Paese da cui si è preso rare e brevissime pause. Da ieri è stato indicato dal presidente del Consiglio e dal suo ministro dell'Economia come prossimo amministratore delegato della Rai. Ed è stato subito un gran sventolare di bandiere rosse.

Alcune anche un po' ingenue, visto che lasciano le impronte. Capirete voi quanto fosse atteso il commento del segretario Pd del Lazio, Bruno Astorre, che con la Rai non ha nulla a che vedere ma ha voluto lo stesso comunicare al mondo il suo tripudio: “La proposta del governo di indicare Carlo Fuortes come amministratore delegato della Rai è corretta e va nella direzione di autonomia e indipendenza che da tempo auspichiamo”. Come le orme di un cinghiale che devasta il bosco, tracce inequivoche: quando un dirigente di partito si felicita dell'autonomia e della indipendenza del prescelto, la frase va tradotta sempre al contrario: “arriva uno dei nostri, evviva!”. “La nomina di Fuortes è una proposta di grande caratura internazionale”, ha gongolato infatti il vicepresidente dei deputati Pd, Roberto Morassut. Si è svegliato da un periodo di letargo seguito alla caduta del suo pupillo Giuseppe Conte anche un altro Pd romano, Goffredo Bettini: “La proposta di Carlo Fuortes per la Rai assicura una professionalità di grande valore alla più importante azienda culturale italiana. Nel 2003, in qualità di Presidente dell'Auditorium, proposi al Consiglio di Amministrazione di nominarlo Amministratore delegato. Ho avuto, così, con lui straordinari anni di collaborazione e amicizia”.

Altre zampone sopra il manager “indipendente”. Notizia per i lettori de Il Tempo: nella proposta di nomina Draghi ha indicato anche come presidente Marinella Soldi, che ha costruito parte della fortuna e della crescita di pubblico dei canali Discovery, ma la Soldi non è un topolino e manco è rossa così l'esercito dei notabili piddini non ha ritenuto di doversi congratulare. In fondo il futuro capo azienda della informazione di Stato è della loro nidiata, e questo basta e avanza.

C'era molta attesa per la zampata di Draghi sulle nomine di viale Mazzini, pur sapendo che in Rai puoi nominare anche il migliore dei manager, ma tanto poi questo viene risucchiato dalle logiche politiche che dominano da sempre quell'azienda e alla fine non può che deludere. Magari era difficile catturare un supermanager internazionale con gli stipendi ristretti che girano da queste parti, ma qualcosa di più del topolino rosso obiettivamente ci si sarebbe attesi dal decisionismo del premier (forse è più leggenda che realtà). Tanto è che quando è emersa la strana coppia di candidati draghiani qualche agenzia sbagliando ha invertito le cariche proposte: capo azienda alla Soldi, che manager internazionale è davvero, e rappresentanza formale a Fuortes, ben conosciuto nei quartieri ricchi e rossi della capitale, assai meno al di là di quei confini.

Intendiamoci, l'uomo ha grande autostima e sostiene di avere con il Teatro dell'Opera (che ha sempre vissuto di generosi finanziamenti pubblici) di avere fatto come e forse più di Sergio Marchionne a Torino. Spiega il miracolo economico che avrebbe realizzato lì con un paragone di sicura presa: quando gli fu affidato quel Teatro, stava peggio della peggio Alitalia. Ma lui l'avrebbe risanato. Se a Draghi l'hanno spiegata così, sarebbe stato meglio dare a Fuortes occasione di magnifica controprova, e mandarlo davvero in Ita-Alitalia per vedere di cosa sia capace quando è necessario muoversi davvero sul mercato. Un'occasione mancata. Anche per Draghi, da cui ci si sarebbe attesi almeno una scelta indipendente come quella che fece Mario Monti con Luigi Gubitosi. Sarà stato antipatico, risucchiato come tutti nella melma di Saxa Rubra, ma su di lui non si stagliavano ombre rosse bianche o gialle. Peccato.
 

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