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Matteo Renzi, esce il libro Controcorrente: "Vi spiego a cosa sono arrivati Conte e Casalino oltre a Ciampolillo"
Il 26 gennaio 2021 Giuseppe Conte si dimette. Lo fa dopo quindici giorni di caccia al senatore in una delle pagine più nere della storia repubblicana. L’intera struttura di Palazzo Chigi in queste due settimane si è messa – pancia a terra – a cercare di acquisire consensi. E un manipolo di parlamentari ha saputo resistere alle lusinghe e alle minacce restituendo dignità al ruolo del deputato e del senatore, che hanno la responsabilità di fare politica, non di mettere dei like.
Ciò che è accaduto in quelle ore è stato cancellato dalla mente di molti. Ma è giusto ricordare qui –perché resti agli atti – che poche volte nella vita repubblicana si sono registrati livelli di cotanta meschinità come in quelle due settimane. Il simbolo non sono soltanto le proposte indecenti che sono girate, ma il modo con il quale un’intera macchina amministrativa pagata dallo Stato ha smesso di occuparsi della gestione del Paese per dare la precedenza all’acquisizione del voto dei senatori trasformisti. Tutto è stato pensato in quella direzione. Un simbolo che ho già ricordato ma che mi sembra sconvolgente: nelle ore più calde della crisi il profilo social della Presidenza del Consiglio pubblica sulle pagine ufficiali, istituzionali, materiale preparato dagli uffici di Casalino.
Sono pochi i giornalisti che hanno il coraggio di segnalare l’enormità di questa storia, scoperta e puntualmente ricostruita da David Puente sulla testata online «Open» fondata da Enrico Mentana. Un altro è il direttore del «Tempo» Franco Bechis: «Ieri, nel bel mezzo della crisi, dalla pagina ufficiale Facebook di Giuseppe Conte presidente del Consiglio è sbucato un post inserito nelle sue ultime storie. Una foto dello stesso Conte con a fianco quella grottesca di Matteo Renzi e una scritta: «Se vuoi mandare Renzi a casa e supporti Conte iscriviti nel gruppo». Dalla foto con un clic si andava a un’altra pagina, quella del gruppo pubblico “Conte premier - Renzi a casa!”, che in poche ore aveva arruolato più di 3.700 persone, salvo poi sparire all’improvviso. Come il post del premier Conte, che essendo diventato pubblico ha indignato gran parte delle istituzioni nella capitale».
Con i soldi dei cittadini si pubblicano dei post in cui la mia faccia viene storpiata mentre il volto di Conte è presentato in modo perfetto. E dove si incita all’aggressione verbale contro un parlamentare della repubblica. Sul sito di Palazzo Chigi, a spese dei cittadini! Alcuni minuti fa sulla pagina Facebook ufficiale del presidente del Consiglio Giuseppe Conte è apparsa una storia che non è mai stata autorizzata né da Conte né dal sottoscritto e che pertanto è stata immediatamente rimossa. Si tratta infatti di contenuti da cui il presidente del Consiglio e il suo staff comunicazione si dissociano totalmente, poiché in contrasto con il modo di pensare e di intendere la politica da parte del presidente Conte, che ha sempre avuto come punto di riferimento il rispetto della persona, anche di coloro che, nell’ambito del confronto politico, possono ritrovarsi su posizioni diametralmente opposte. Stiamo facendo tutte le verifiche interne per accertare come sia potuta avvenire la pubblicazione di un simile contenuto. Non si esclude, al momento, l’ipotesi di un tentativo di hackeraggio da parte di qualcuno che in un momento così delicato come questo potrebbe aver agito in- tenzionalmente per danneggiare l’immagine del presidente. Così scrive il responsabile della comunicazione social di Palazzo Chigi, Dario Adamo, che il web de- scrive semplicemente come «digital maker di Rocco Casalino, cresciuto nella Casaleggio e Associati».
Quando si dice la toppa peggiore del buco. Siamo in crisi. E cosa ti fanno gli uomini di Conte? Usano i soldi dei contribuenti per aggredire l’avversario. Già questo basterebbe per sempre a far dimettere il portavoce del premier. Ma è impensabile che qualcuno si dimetta: sono le ore in cui il premier sta trattando per acquisire il consenso dei senatori per non dimettersi lui, figuriamoci se i suoi possono ammettere responsabilità. E quindi come in un grande classico si dà la colpa agli hacker. Non redendosi conto che dire che il sito di Palazzo Chigi è stato hackerato è decisamente più grave che riconoscere di aver fatto un errore. Se avessero detto: «Ok, paghiamo da Palazzo Chigi gente che ci fa campagne social contro Renzi», sarebbe stato il segreto di Pulcinella e la cosa si sarebbe sgonfiata lì. Ma per loro bugia chiama bugia. E mettono in campo gli hacker. Che ovviamente esistono solo nella fervida immaginazione di Rocco e dei suoi adepti.
Oggi siamo abituati alla comunicazione di Draghi, seria, rigorosa, precisa. E dunque certe vicende ci sembrano lontanissime nel tempo e nello spazio. Ma è bene ricordare che abbiamo vissuto per tre anni con questo sistema in cui le pagine social vicine al Movimento Cinque Stelle lanciavano aggressioni ad personam contro gli avversari politici, anche con i soldi del contribuente. E del resto la campagna di aggressione contro Sergio Mattarella nel 2018 aveva visto lo stesso schema di gioco con l’unica, importante eccezione che a Palazzo Chigi c’era ancora Gentiloni e i social istituzionali facevano il loro mestiere di social istituzionali.
Conclude Bechis: «Sarà pure stato un incidente che qualche peso ha nelle vicende di queste ore, ma fa ben comprendere il reale stile con cui si governa a Palazzo Chigi: comunicazione, spesso distorta e inventata, e mai sostanza (peraltro pagata non dai protagonisti, ma dalle tasche degli italiani)».