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C'è una nuova domanda di radicalità politica. Da Swg campanello d'allarme ai partiti

Francesco Storace
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I periscopi della politica non scrutino i sondaggi solo sui numeretti che riguardano direttamente i partiti. Ormai se ne sfornano quotidianamente, spesso in contraddizione l’uno con l’altro, ma ci sta. Soprattutto quando le principali forze politiche sono testate nella forbice di pochi punti percentuali, se non entro addirittura i decimali. Ma sono anche altre le tendenze da valutare, e riguardano sia Giorgia Meloni e Matteo Salvini da un parte del campo, sia i pentastellati e in misura minore il Pd dall’altra. Il nuovo terreno di gioco su cui è andato a gettare la sua curiosità l’istituto di ricerche Swg è quello della radicalità che manca alla politica. È quel territorio privo di rappresentanza e che invece nel Paese può diventare vasto.

Il nuovo terreno di gioco - La domanda che pone l’istituto di sondaggi agli elettori è se ci sia o meno necessità di una forza politica dai contenuti netti, radicali, che possa offrire certezze all’elettore sbandato di oggi. Quello che magari si rifugerebbe nel campo dell’astensione. Maurizio Pessato, vicepresidente di Swg, spiega che «i partiti farebbero malissimo ad eludere la domanda di radicalità». Eppure Lega e FdI da una parte, gli stessi Cinque stelle dall’altra, non paiono esenti dall’uso di linguaggi - e contenuti - non propriamente moderati. «Evidentemente non basta». I numeri lo raccontano aldilà delle posizioni diverse tra maggioranza e opposizione parlamentare.

 

 

I dati - L’11 per cento dell’elettorato risponde «molto» alla domanda se ci sia necessità di forze politiche «radicali». Una percentuale che sale di un ulteriore 30 per cento con la risposta «abbastanza». Cifre enormi, che per i due terzi guardano a destra, un terzo a sinistra degli schieramenti che oggi conosciamo. Questo significa che possono nascere nuovi formazioni politiche? Lo studio Swg non lo indica come prospettiva possibile, ma offre un campanello d’allarme ai protagonisti della politica. Attenti a dare per scontato che il popolo sia soddisfatto anche quando esprime consenso al governo, perché contemporaneamente sale la richiesta di rappresentanza reale dei bisogni.

Effetto Premier - Se il requisito della competenza che si sollecita alla politica e alle istituzioni certamente è soddisfatto da una personalità come Mario Draghi, ciò che manca è ancora l’individuazione di chi può soddisfare l’interesse generale, aldilà del consueto politichese. E l’analisi comprende quella che viene indicata anche come la principale esigenza degli italiani: la stabilità, che però va unita ad un cambiamento radicale della politica rispetto alle proprie abitudini.

 

 

Il successo di Giorgia - Come spiega il successo che i sondaggi attribuiscono a Fratelli d’Italia? Pessato richiama il valore della «coerenza, che è riconosciuto dagli elettori da una forza politica che è all’opposizione dei governi che si sono succeduti da dieci anni a questa parte». E il dato della Lega? «Ecco, qui forse viene meno la risposta alla domanda di radicalità, ma certamente Salvini ragiona su un percorso che di qui a qualche mese potrà tornargli utile se si vedranno gli effetti positivi dall’azione di governo». A sinistra, la permanenza nel governo Draghi potrebbe risultare letale «con tensioni sociali esasperate, la rivendicazione irrisolta dei problemi del mondo del lavoro non garantisce una cassaforte elettorale ad Enrico Letta». Ovviamente, ci si chiede anche quanto il Covid possa influire sui comportamenti politico-elettorali degli italiani. Serenità è la parola chiave dopo quasi due anni di misure restrittive che hanno esasperato una fetta cospicua di cittadini. Da quel mondo, che può esprimersi anche per atteggiamenti negazionisti o semplicemente motivati dalla stanchezza per troppe privazioni, emerge una forte domanda di radicalità politica.

L’incognita - È da vedere come risponderanno i partiti, e in questo caso vale più per quelli collocati a destra che a sinistra. Per tanti anni ci siamo abituati a vedere il centro come luogo della competizione per vincere, chissà che stavolta non sia l’angolo più estremo quello necessario per battere l’avversario.

 

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