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Cdm, via libera alla riforma della giustizia. Decisiva la mediazione di Draghi e Cartabia, dopo la lite M5S-FI

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Il Consiglio dei ministri ha approvato all'unanimità la riforma Cartabia sul processo penale, ma è stata una dura giornata per arrivare ad una quadra. La riforma del processo penale ha portato ad un duro scontro tra le diverse forze politiche, con il Movimento 5 Stelle che ha ottenuto una mediazione, ovvero tempi più lunghi dei processi per i reati contro la Pubblica Amministrazione, a partire da corruzione e concussione. 

 

 

Una modifica del testo in corso - dopo il lungo lavoro portato avanti dalla ministra Marta Cartabia - che in Consiglio dei ministri avrebbe fatto esplodere il malcontento di Forza Italia, in particolare del ministro Renato Brunetta, e di Italia Viva. Dura la reazione anche del M5S, "una cosa è certa, sull'allungamento dei tempi per i reati contro la P.A. e contro la corruzione non arretriamo di un centimetro. Per noi questo è un punto irrinunciabile", la replica a chi li accusava di aver cambiato la partita in corso. 

 

 

Alla fine la mediazione di Mario Draghi e della Cartabia stessa è risultata salvifica e ha messo d'accordo tutti. “Mi appello al vostro senso di responsabilità - le parole del presidente del Consiglio riportate all'Adnkronos - sono riforme legate al Pnrr, fondamentali per il Paese, e voglio una maggioranza compatta e responsabile”. Permangono comunque, in casa 5 Stelle, malcontento e divisioni, con Bonafede che viene descritto deluso e amareggiato dal 'verdetto' che esce dal Cdm, ovvero ok unanime alla riforma con il disco verde dei 5 Stelle. Del resto la fotografia che emerge della giornata M5S è a tinte fosche. Con la linea che tarda ad essere definita, complice le divisioni interne. Che esplodono in una riunione che si tiene tra i big del Movimento attorno ad ora di pranzo, in cui Bonafede ma anche il capogruppo al Senato Ettore Licheri chiedono di difendere a spada tratta la riforma del governo Conte, astenendosi dal voto in Cdm e chiedendo un rinvio. Ma le parole attribuite a Draghi - "prendere o lasciare" - risuonano con forza, il ministro Luigi Di Maio richiama alla responsabilità.

 

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