corsa al colle

Non solo Silvio Berlusconi e Mario Draghi: il centrodestra punta al Quirinale

Gaetano Mineo

Silvio Berlusconi apre la corsa al Quirinale. Un sogno remoto, quello del leader di Forza Italia, e per il quale, oggi più che mai, esce allo scoperto. «Le uniche sfide che mi piacciono sono quelle impossibili», dice l’ex premier al Corriere della Sera. Impossibile no, aggiungiamo noi, ma di certo non sarà facile per il Cavaliere conquistare il Colle. E non certo perché a settembre compirà 85 anni, ma per uno scenario politico più complesso di quanto appare, nonostante il centrodestra è di certo più compatto dello schieramento opposto, Cinque Stelle compreso. Un fatto è certo, Berlusconi ci crede: «Dissi a mio padre che sarei arrivato a fare il presidente della Repubblica». Ed è convinto di avere «il 10-15% di possibilità» per essere eletto presidente della Repubblica. E ha già iniziato la conta: a oggi avrebbe il sostegno di 476 grandi elettori. Come, sempre a oggi, potrebbero essere di più se si pensa che tra Camera e Senato, più i delegati delle Regioni, e considerati gli «altri» sparsi in Parlamento e che guardano di buon occhio il centrodestra, il Cavaliere potrebbe arrivare a circa 500 voti. Sulla carta. In base ai numeri attuali, per eleggere un nuovo Capo dello Stato, sarebbero richiesti 673 voti su 1008 nei primi tre scrutini e 505 su 1.008 dal quarto scrutinio in poi. Ma bando ai numeri, il leader di Forza Italia è già a lavoro. In questi giorni arriverà a Roma per iniziare a tastare il terreno.

 

  

 

La tabella di marcia appare perfetta. Il prossimo 3 agosto scatterà il semestre bianco, periodo in cui non sarà possibile sciogliere le Camere fino a quando non verrà eletto il nuovo Presidente della Repubblica. Cosa che dovrebbe avvenire nei primi giorni di febbraio 2022 dato che il mandato di Sergio Mattarella dovrebbe terminare il 31 gennaio 2022. Un eventuale mandato bis, per l’attuale Capo dello Stato non è di certo archiviato. Soltanto per un anno, quanto basta per portare il Paese alle Politiche del 2023. Gioverebbe a tutti. Anche perché è quasi impossibile che prima della naturale scadenza della legislatura, si possa andare alle urne. In ogni caso, a febbraio il nuovo inquilino del Colle dovrebbe uscire da uno di questi tre scenari: un auspicabile accordo di tutte le forze politiche sul nome; oppure un presidente eletto da un centrosinistra compatto ma allargato a Forza Italia e centristi (più o meno la «maggioranza Ursula»); o infine un Capo dello Stato eletto da un centrodestra compatto allargato a renziani e volenterosi vari. Ed è in quest’ultimo caso, che potrebbe inserirsi la candidatura del Cavaliere.

 

 

Di certo, il nome di Mario Draghi continua a essere il più gettonato alla successione a Mattarella. Ma come più volte abbiamo scritto, gli aspiranti «Presidenti» non mancano. Nel centrosinistra si continuano a fare i nomi di Romano Prodi, Paolo Gentiloni, Dario Franceschini, Enrico Letta e ultimamente, dal cilindro è uscito pure il nome di Walter Veltroni. Rimane vivo il nome dell’ex presidente del Senato, Marcello Pera, l’immortale (politicamente), Giuliano Amato e Pierferdinando Casini, che se pur eletto con il Pd, con i comunisti non ha mai voluto avere niente a che fare. Di certo, l’ex presidente della Camera, ha lavorato fianco a fianco sia con il centrodestra, sia con il centrosinistra. Infine, tra i profili tecnici, rimane ben posizionato il nome dell’attuale Guardasigilli, Marta Cartabia.