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Scoppia la guerra tra i partiti sul fisco. Scintille tra Matteo Salvini ed Enrico Letta

Nadia Pietrafitta
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Partiti pronti alla battaglia sulla riforma del fisco. Mercoledì le Commissioni Finanze di Camera e Senato hanno approvato il documento finale dopo l’indagine conoscitiva sulla riforma dell’Irpef e su altri aspetti del sistema tributario e la maggioranza, fatta eccezione per l’astensione di Leu, si è mostrata compatta. Oggi, però, l’unità di vedute comincia a scricchiolare. I partiti, infatti, si affrettano a mettere la propria bandiera su questo atto parlamentare che servirà da indirizzo politico al Governo in vista della scrittura della legge delega sulla riforma. Si dice «molto contento» Matteo Salvini, che vede nel cammino intrapreso «l’impronta» della Lega. «L’abolizione dell’Irap, la riduzione dell’Irpef soprattutto delle aliquote per il ceto medio, la difesa della Flat tax per le partite Iva fino a 65mila euro - rivendica - sono tre risultati che abbiamo chiesto e stiamo ottenendo. È in archivio la tassa patrimoniale di successione o l’aumento dell’Imu che qualcuno aveva proposto».

 

 

Ogni riferimento a Enrico Letta è puramente voluto. Il segretario Pd, infatti, si affretta a replicare: «La riforma fiscale sta imboccando la direzione giusta: meno tasse per il ceto medio, per chi lavora e per chi fa impresa. La flat tax non passa e la progressività fiscale si conferma bussola dell’azione del governo», mette in chiaro prendendo di mira una «stella polare» della politica fiscale del Carroccio e, in generale, del centrodestra, e accendendo i riflettori sulla «grande attenzione» riservata a ambiente, sviluppo sostenibile, donne e giovani, temi invece cari a sinistra. Da Forza Italia mette allora le cose in chiaro Sestino Giacomoni: «Il segretario del Pd avrà letto distrattamente il documento sulla riforma del fisco della Commissione finanze riunite. La flat tax, infatti, è presente più che mai e riguarda i lavoratori autonomi fino a 65.000 euro, così come il principio che la sorregge sta alla base della riduzione del numero e del livello delle aliquote. Letta se ne faccia una ragione, questo non è più un Paese per patrimoniali, né per altri prelievi forzosi simili che rendono più povero il ceto medio. Ammaini una volta per tutte il vessillo del socialismo draconiano e abbracci il realismo "Draghiano"» è l’esortazione.

 

 

Al Nazareno, tuttavia, resta la «grande soddisfazione» per una base di partenza nella quale «prevale una linea di sinistra», che riduce il carico fiscale sul ceto medio e si boccia - questo il ragionamento - un’impostazione di politica fiscale «piatta». Quanto alla dote per i 18enni da finanziare con un aumento delle tasse di successione milionarie, la consapevolezza è che, data l’eterogeneità della maggioranza che sostiene il Governo, la proposta non potrà confluire in una proposta condivisa. «Su questo, però - assicurano dallo stato maggiore dem - non molliamo, riproporremo questa misura in tutte le occasioni utili, a partire dal programma elettorale per le Politiche». Anche FI, Iv e Azione rivendicano la bontà delle proprie proposte. Gli azzurri vedono nel documento approvato «la ricetta liberale di Berlusconi del ’94», i renziani puntano su semplificazione e riduzione del carico fiscale, e dalle parti di Calenda esultano: «Grazie a noi meno tasse per i giovani». E se i partiti si contendono le bandiere, a palazzo Chigi e al Mef toccheranno sintesi e conti.

 

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