Ambrogio Crespi torna libero. Ora la grazia per il regista condannato
“Fiducia nella giustizia”: quando senti pronunciare queste parole da Ambrogio Crespi, appena uscito dalla galera per quelle incredibili accuse legate alla mafia, lo scambi per matto. Poi ci ripensi, leggi le pagine che gli ha dedicato il Tribunale di Sorveglianza di Milano, e capisci che persona perbene hai di fronte. Ti macchiano la fedina penale ma non la dignità.
Da ieri comincia una nuova fase della vita di Crespi, che si è già cibato un anno di carcere tra carcerazione preventiva e condanna per un’accusa che lascia allibiti tutti quelli che hanno la fortuna e l’orgoglio di conoscerlo. Non siamo matti neppure noi, se leggiamo quello che scrive la magistratura nel decidere che Ambrogio Crespi ha diritto al differimento della pena in attesa dell’esito di una domanda di grazia “non infondata”. Aspetterà a piede libero.
Di lui dice il tribunale di sorveglianza che l’impegno condotto “con costanza da Crespi, che lo ha portato a essere identificato come un esempio positivo nelle sue opere”, tra cui il film ’Spes contra Spem’ girato in carcere a Opera e presentato al Festival di Venezia, “appare un elemento che può delinearsi come eccezionale nella valutazione del soggetto e delle ripercussioni di una pena detentiva applicata, a distanza di molti anni, per un reato riconducibile alla criminalità mafiosa”. E’ complicato per i giudici di Milano sostenere che l’uomo condannato “per concorso esterno in associazione mafiosa di ieri” sia l’uomo di oggi, “divenuto un simbolo positivo anche della lotta alla mafia”. Roba da far accapponare la pelle. La richiesta di un atto di clemenza invocato nei mesi scorsi comincia a diventare finalmente qualcosa di credibile.
Il Tribunale di Sorveglianza ha messo insieme elementi inoppugnabili: il lungo tempo trascorso dal fatto-reato; l’assenza di procedimenti pendenti a carico del condannato; il fatto che la misura cautelare della custodia in carcere posta originariamente a carico di Crespi sia stata revocata già nell’aprile del 2013; gli elementi portati a sostegno della domanda di grazia, che attestano l’inserimento in positivi contesti di vita, sia a livello familiare, sociale e lavorativo, lontani da ambiti delinquenziali; la relazione comportamentale che, pur se limitata ad una breve osservazione del condannato, ha sottolineato uno stile comportamentale completamente al di fuori delle dinamiche mafiose; quanto riferito dalla Dna, Dda e Divisione Anticrimine della Questura di Milano circa l’assenza di elementi attestanti, nell’attualità, la pericolosità del soggetto e collegamenti dello stesso con la criminalità organizzata.
Che altro di più? Ambrogio Crespi fino a ieri era detenuto nel carcere di Opera – si era costituito a marzo - dopo la condanna definitiva a 6 anni di reclusione con l’accusa di aver procurato voti a Domenico Zambetti, assessore della Giunta Formigoni, per le regionali del 2010, servendosi di conoscenze in ambienti della ’ndrangheta. Ma entrambi hanno sempre negato persino di conoscersi.
Il calvario non è certo finito, perché ora bisognerà attendere l’esame della domanda di grazia. Ambrogio Crespi almeno è tornato a godersi la sua splendida famiglia, che aveva salutato per andare “in una missione speciale”. A suo sostegno tante iniziative, a partire da quelle dell’associazione radicale “Nessuno tocchi Caino” e lo spumeggiante profilo whatsapp “Aspettando Ambro”. L’attesa non è stata vana e quelle lacrime davanti agli occhi di tutti stavolta sono di gioia.