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Roma, le primarie incubo del Pd. L'affluenza fa paura: gioca l'Italia e il sole consiglia il mare

Daniele Di Mario
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Con la vittoria di Roberto Gualtieri che costituisce un esito quantomai scontato, il centrosinistra vive la vigilia delle primarie a sindaco di Roma con l’incognita affluenza. Il flop di Torino (appena 11.600 votanti, addirittura meno delle 16mila firme raccolte dai candidati) e la vittoria risicata (appena 300 voti) del candidato Pd, agitano da giorni le notti democratiche. Perché il centrosinistra non può proprio permettersi un candidato sindaco dimezzato in una campagna elettorale dall’esito incerto. Far passare Gualtieri per le primarie senza riuscire a scaldare l’elettorato sarebbe un autogol imperdonabile per il Pd e il centrosinistra, che resta favorito alle elezioni comunali di Roma, ma dovrò vedersela al primo turno con Virginia Raggi e Carlo Calenda per l’accesso al ballottaggio e al secondo turno quasi sicuramente col candidato del centrodestra Enrico Michetti. Gualtieri - è la convinzione al Nazareno - può vincere, certo, ma a patto di non commettere errori. A partire dalle primarie.
Per le primarie di centrosinistra per scegliere il candidato sindaco e i candidati alle presidenze dei Municipi si vota domani dalle 8 alle 21. Possono votare tutti i cittadini maggiorenni residenti a Roma, ma anche i ragazzi dai 16 anni in su e tutti gli stranieri regolarmente residenti nella Capitale. Il voto si può esprimere fisicamente ai gazebo oppure online attraverso lo Spid: sono 2.995 gli elettori che hanno effettuato la registrazione entro le 23.59 del 17 giugno scorso.

 

 

Sono 190 i seggi allestiti nella Capitale, ma sull’affluenza pesano diverse incognite. Alle 18 gioca l’Italia, impegnata contro il Galles nella terza giornata del girone A degli Europei di calcio. Il ritorno alla zona bianca, il caldo e il sole, inoltre, promettono ai romani il primo vero weekend estivo da trascorrere al mare e fuori porta. Nel 2013 alle primarie che investirono Ignazio Marino votarono 110mila persone. Cinque anni fa per Roberto Giachetti andarono a votare in 42mila. Dal Pd fanno sapere che l’obiettivo minimo è arrivare a 50mila votanti, con 70mila si griderebbe al successo. Ma - rivelano i più cauti e realisti - ci si potrebbe anche accontentare di 30-35mila, salvo poi dare la colpa al sole e a Euro 2020 per salvare la faccia a Gualtieri. Anche perché in queste ore non mancano le polemiche. «Le primarie sono uno strumento sacrosanto. Ma l’effetto di un Pd, che tra un voto e l’altro arranca nel rapporto con la società, le trasforma in una cooptazione di candidati calati dall’alto. Il partito romano poi, che conosco bene per averlo analizzato, è la quintessenza di questo distacco», dice fosco l’ex ministro Fabrizio Barca. La capogruppo Dem alla Camera Debora Serracchiani invece difende le primarie: «Credo che non si debba avere paura di confrontarsi con le persone, e scegliere lo strumento delle primarie è un modo per confrontarsi con le persone. Facciamo le primarie solo noi e lo facciamo coraggiosamente».

 

 

Sul voto di domani aleggia poi il fantasma di Ignazio Marino, che sull’Espresso continua a picconare i democratici. «Il Pd è senz’anima, non si può salvare. E a Roma perderà», sentenzia l’ex sindaco mandato a casa dai suoi stessi ex compagni con una firma dal notaio. «Del 2013 ricordo che mi tranquillizzarono le file lunghissime ai seggi: significavano che c’erano cittadini veri, non solo i partiti - ricorda Marino - Gente coinvolta anche dai confronti televisivi. Il fatto che stavolta il Pd abbia detto no ai confronti in tv, abbia tenuto così basso profilo e abbia chiesto di ritirarsi a tutti candidati dem che potevano mettere in pericolo la vittoria di Roberto Gualtieri, incluse donne come Monica Cirinnà, parla da solo. Ma come, prima fai la battaglia per le capogruppo donne e poi laddove c’è un vero ruolo di leadership, perché il sindaco di Roma è questo, dici: spostati perché c’è un maschio?». Su Gualtieri, il pronostico di Marino è netto: l’ex ministro vincerà le primarie ma perderà le elezioni e al ballottaggio andranno il candidato di centrodestra Enrico Michetti e la sindaca M5S uscente Virginia Raggi. «Gualtieri è una persona perbene, si è fatto stimare da europarlamentare, non ho condiviso alcune sue scelte al governo, come quella di investire in F35 in mezzo alla pandemia - dice Marino - Quel che non mi piace è questa modalità: non ci può essere un candidato che immagini di passare attraverso primarie fatte senza un dibattito. Ma questi vogliono fare sempre così: rifiutano il dibattito. Ma senza un confronto, che idee vuoi mai avere? Un conto è fare una corsa a regole chiare, ma se chi gestisce la gara fa di tutto per rendere l’obiettivo non contendibile, che senso ha? E credo che con l’idea del candidato unico andranno a votare in pochi, organizzati dai candidati presidente. Roma è suddivisa in quindici Municipi, diciamo mille votanti a Municipio? Alla fine saranno ventimila», profetizza Marino.

Intanto girano i primi sondaggi. Tutti danno primo Michetti, con percentuali tra il 33 e il 35%. Al secondo posto Gualtieri (in un caso col 31%, in un altro col 26%), anche se una rilevazione Swg in possesso di Calenda darebbe il candidato Pd tallonato proprio dal leader di Azione e dalla Raggi. Gualtieri proverà a smentire Marino e i sondaggi. Prima dovrà però battere alle primarie i suoi sfidanti. Sono sei: Imma Battaglia (Liberare Roma), Giovanni Caudo (presidente del III Municipio ed ex assessore all’Urbanistica nella giunta Marino), Stefano Fassina (Sinistra per Roma, è deputato di LeU), Paolo Ciani (Demos, Comunità di Sant’Egidio), Cristina Grancio (ex M5S), Tobia Zevi. Ma l’impressione è che col primo posto già assegnato all’ex ministro la vera sfida sia per chi arriva secondo e, soprattutto, sull’affluenza.
 

 

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