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"Tribuno io? Non come i 5 stelle", l'affondo di Michetti fa scintille a Tagadà

Giada Oricchio
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A Tagadà, giovedì 17 giugno, botta e risposta serrato tra il candidato del centrodestra a sindaco di Roma, Enrico Michetti, e la conduttrice Tiziana Panella: “Io tribuno del centrodestra. Non sono un ripiego”.

Più che un’intervista di dieci minuti è sembrato un duello dall'equilibrio precario. Tiziana Panella, conduttrice di Tagadà ha dato del filo da torcere a Enrico Michetti, il candidato di Giorgia Meloni e Matteo Salvini per il Campidoglio. La partenza è stata una presentazione del ricco curriculum: “Avvocato amministrativista, docente all’Università di Cassino, fondatore della Gazzetta amministrativa, speaker in radio, cosa mi sono dimenticata? Tribuno?” e Michetti: “Sì tribuno mi piace molto perché nell’antica Roma rappresentava il popolo. fu l'unico incarico che Cesare Ottaviano Augusto tenne a vita nonostante fosse imperatore. Mi piace perché è il legame con il popolo”. La Panella osserva che anche i 5 Stelle si considerano dei tribuni, ma il professore graffia gli avversari: "E’ un po’ diverso. Per il tribunato servivano 20 anni di professione nella pubblica amministrazione, era l’ultima carica prima del consolato… guardando il curriculum di alcuni dei 5 Stelle non c’era esperienza e nemmeno cursus honorum. Li rispetto, ma se mi fa riferimento al tribunato allora ricordo che servivano 20-25 anni di lavoro”. La giornalista ricorda che il primo nome del centrodestra a sindaco di Roma era Guido Bertolaso: “Si è sentito una ruota di scorta?” e Michetti con grande savoir-faire: “No, mi sento lusingato. Sono stato scelto da un’assise vastissima e mi dà soddisfazione”, “Allora ha un po’ di preoccupazione all’idea di amministrare Roma? E’ una grandissima impresa” ha incalzato la Panella senza ricevere soddisfazione: “Faccio questo mestiere da 30 anni, sono al fianco dei sindaci nelle procedure complesse. Ho vissuto lo stress e la preoccupazione. Non ho provato la responsabilità del primo cittadino? Si sbaglia perché i sindaci con cui ho lavorato (mai con Virginia Raggi e mai per il comune di Roma perché ha la sua avvocatura, nda) si affidavano a me ed è una responsabilità enorme: se io sbagliavo qualcosa, cadeva il sindaco. Molte volte non ho dormito la notte. Mi preparo ad altre notti insonni”. La conduttrice lo bracca e fa bene perché così da modo ai futuri elettori di capire se e quanto vale lo “sconosciuto” Michetti presentato in ticket con la magistrata Simonetta Matone. A questo proposito, la Panella parla di “commissariamento preventivo”, mentre la giornalista Wanda Marra de Il Fatto Quotidiano lo provoca: “In giro per Roma si dice che Michetti è una comparsa e Tajani e Meloni le fanno la campagna elettorale, è così?”, Michetti non fa una piega: “Io ho avuto carta bianca, l’unica cosa che mi hanno chiesto è di garantire la buona amministrazione. La Matone è un profilo che ho condiviso, si occupa da anni di servizi sociali”. Scatta una prolungata sfida all’arma bianca: “Ma non l’ha scelta lei… le hanno detto: ti prendi la Matone e lei ha detto ok, gliel’hanno imposta e le deve andare bene” precisa Tiziana Panella e il professore si affida a una sapiente dialettica: “Mi va molto bene la Matone, l’esecutivo va condiviso con la politica, io devo scegliere sui profili tecnici, ma è la politica è essenziale, è come la cartilagine all’interno di un ginocchio: garantisce la trasmissione tra il corretto esercizio del potere  e i desiderata del cittadino. Se sono in linea si ottiene l’ottimo paritiano”. La giornalista però insiste: “Sì, ma le rifaccio la domanda: la Matone non l’ha scelta lei, le hanno detto: te la prendi e ha risposto volentieri” e di nuovo il candidato: “Non funziona così! Io devo avere un gruppo di alto profilo. Se so fare bene l’allenatore e ho una persona di qualità, la devo mettere nelle condizioni di esprimersi al massimo”. Ma nemmeno questa risposta placa la curiosità della Panella: “Condivido tutto però la mia domanda era un’altra: l’ha scelta lei o gliel’hanno scelta? La domanda è facile, facile”. Enrico Michetti mette fine alla querelle alzando i toni: “Io stesso sono stato scelto e così anche la Matone”.

 

 

 

Davanti alla clip di Gualtieri che intona Bella Ciao alla chitarra, Michetti si rifiuta di cantare: “Sono stonato per natura, non potrei cantare nulla”. Inevitabile il passaggio sul saluto romano che l'avvocato preferisce in tempo di Covid-19 per motivi di igiene: “In una trasmissione mi chiesero di illustrare il saluto dell’Antica Roma e mi chiesero quale differenza ci fosse tra questo tipo di saluto e la stretta di mano e io dissi che il saluto romano e il pungo chiuso era più igienico rispetto alla stretta di mano” e specifica: “Se il saluto romano costituisce apologia, se è rievocativo del fascismo, regime totalitario, non si può più fare”, “E che altro può essere?!” chiede la Panella che sorniona lo tiene sulla graticola e Michetti: “Lei immagini se oggi un regime totalitario acquisisse a proprio simbolo la croce, cosa accadrebbe?”. Attimi di silenzio, la giornalista scuote la testa e va in pressing: “Però mi perdoni, non ha risposto!”. Michetti ammette che il saluto fascista non si può più fare in quanto apologia e sorprende tutti: “Io ho avuto una sola tessera di partito, quella della Democrazia Cristiana. La mia ispirazione è la Costituzione della Repubblica Italiana”. La conduttrice chiude augurandogli “in bocca al lupo” e Michetti la ringrazia, consapevole di non essersi fatto sbranare del tutto dalla “lupa” Tiziana Panella.

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