Tutti i trabocchetti di Giuseppe Conte. L'ossessione è mettere i bastoni tra le ruote a Mario Draghi
È consapevole che più si continua a sostenere il governo Draghi, più il Movimento 5 stelle si scioglie come neve al sole. Con l’aggravante che Davide Casaleggio e Alessandro Di Battista sono pronti a imbarcare sul «ControMovimento» quel che rimarrebbe dei grillini. E così Giuseppe Conte, sembra preparare una contromossa di stampo renziano, far cadere il governo guidato dall’ex presidente della Bce. Ma, allo stesso tempo, l’ex avvocato del popolo deve fare i conti con l’attuale vero e unico capo dei Cinquestelle (vedi statuto) che è Beppe Grillo che con una mossa a sorpresa ha messo ko lo stesso Conte, andando in visita dall’ambasciatore cinese Li Jun-hua proprio nel momento in cui al G7, il presidente Usa Joe Biden, rilanciava il Patto atlantico e chiedeva a tutti, compresa l’Italia, di aiutarlo a contenere l’espansionismo della Cina. Uno scenario che continua a certificare un M5s allo sbando, senza un vertice ma soprattutto senza una vera e propria linea politica, e contro cui l’ex premier dovrà tirare fuori tutte le sue doti democristiane se non vuole finire con un pugno di mosche in mano.
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Tra gli incubi di Conte, la riforma della Giustizia su cui sta lavorando la ministra Marta Cartabia, pronta a cancellare le leggi di Bonafede. Non a caso, proprio alcuni giorni fa, l’ex premier sulla prescrizione ha ribadito che per com’è fatta oggi «finisce per creare un sistema di giustizia censitaria». Tradotto: «Se ne avvantaggiano i ricchi... e i poveracci della prescrizione non beneficiano». Come dire, la riforma Bonafede non si tocca. E vallo a dire a Lega, Fi, Iv, oggi al governo assieme al M5S. Conte è pronto a «sfidare» Draghi anche su altri due dossier che sono sul tavolo di Palazzo Chigi. Il primo è la fine del blocco dei licenziamenti che è osteggiata dai 5stelle così come dalla componente di sinistra della maggioranza che regge l’attuale esecutivo. Quindi, per il M5s, serve prorogare la cassa integrazione Covid, tema già proposto con un emendamento. L’altro dossier è quello sull’ambiente, che proprio per il M5s è stato uno dei pochi motivi per entrare nel governo Draghi nel nome della «transizione ecologica». Ma, com’è noto, già da tempo i 5 stelle e il ministro Roberto Cingolani sono ai ferri corti. L’accademico fa ampiamente di testa sua, su mini-nucleare, idrogeno e inceneritori e via dicendo, bypassando il M5s. E dire che Beppe Grillo presentò il ministro come «uno dei nostri», una fake news. A rendere irrequieti i sogni di Conte pure i rischi per il ridimensionamento sia dei sussidi-bandiera come il reddito di cittadinanza, sia dell'Autorità nazionale anticorruzione (Anac). Ma anche il fisco. I pentastellati vogliono passare dagli attuali cinque scaglioni Irpef a tre, ma dovranno vedersela con un governo con una chiara trazione di centrodestra.
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Da qui la strategia «renziana» di Conte: lasciare il governo Draghi, possibilmente dopo il 3 agosto. Una mossa che potrebbe consentirgli una rendita di posizione all’opposizione sul modello di quella che sta favorendo Fratelli d’Italia. Ma i conti dell’ex premier sembrano fatti senza l’oste. Infatti, chi dei parlamentari è disposto a chiudere la legislatura prima dei 4 anni, sei mesi e un giorno, ovvero settembre 2022, periodo indispensabile per far scattare loro il diritto alla pensione? Staremo a vedere.
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