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La sinistra al suicidio Capitale. Raggi, Gualtieri e Calenda: liti, accuse e poche idee per disorientare gli elettori

Francesco Storace
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Ha fatto discutere quell’affermazione di Enrico Michetti, candidato sindaco del centrodestra a Roma, riferita ai suoi avversari. «Non sono nemici, ma colleghi. Li tratterò come fratelli». Inizialmente accolta con un po’ di sconcerto in una politica che si mena da pazzi, poi forse il furbacchione ha voluto servire un antipasto pepato. Fratelli, sì, come i decisamente più noti Caino e Abele. Provateci voi, in effetti, a mettervi nei panni di quel povero elettore che non vota per il centrodestra. E non sa come raccapezzarsi tra i troppi candidati che stanno dalla sua parte - almeno crede - ed è assolutamente incerto sul da farsi. Come ti giri, sbagli si dice a Roma. Ah, questa sinistra larga, come dice pomposamente Goffredo Bettini e che in realtà fa impazzire il suo elettore che vorrebbe votare tranquillo. Gli hanno messo in testa che bisogna «fermare le destre», ma nessuno gli ha spiegato come.

 

 

Poi dici che non ha ragione chi fu preciso col vocabolario quando definì il destro l’occasione e il sinistro l’incidente. Da quelle parti ormai non ci si capisce più nulla. Perché c’è Virginia, la Raggi, le cui parole d’ordine ormai sembrano slogan dei centri sociali. Non che sia diventata una pericolosa comunista, però non passa giorno che non ci sia una sua dichiarazione sul «pericolo nero». Ormai la Raggi legge solo i sondaggi degli amici suoi, che sono la malattia del momento (i sondaggi, non gli amici per carità), si eleva pure lei come superba gladiatrice dell’impero e professoressa in grado di bacchettare chiunque le si frapponga. Ahinoi, non le capita mai di vedere con i suoi occhi le famiglie di cinghiali, di scapicollare sulle buche della città, di odorare il puzzo dell’immondizia che degrada Roma a livelli inimmaginabili. Ma è contentissima e per far felice quel povero elettore alla ricerca di certezze verga nei suoi comunicati - ogni volta che attacca Matteo Salvini - le parole Lega Nord. Come se non fosse cambiato nulla: è la bugia più grande che possa dire un esponente delle istituzioni, ma fa propaganda. Poi, il chitarrista, Roberto Gualtieri, quello che per il Pd dovrebbe sfidare la destra con quella faccia di «chi me l’ha fatto fare». È già stanco e teme il ballottaggio perché dovrà poi confrontarsi con il centrodestra, che non sarà tenero. Gualtieri vuole fare il simpatico, si presenta con la chitarra, dedica Bella Ciao a Enrico Michetti, l’Era del Cinghiale Bianco alla Raggi e persino il Marchese del Grillo a Carlo Calenda (che in effetti se la guadagna tutta). Per lui, se continua così, dopo le comunali intoneranno Il Silenzio. Non ci sarà musica valida a spiegare perché chi lo spaccia come economista di livello sia stato invece cacciato da Mario Draghi - che se ne intende - proprio dal ministero dell’Economia.

 

 

Anche da Gualtieri lezioni ai suoi coinquilini del campo rosso. Su Calenda lancia l’anatema: si è messo fuori dal centrosinistra, e pure la Raggi non ci è voluta entrare nonostante il governo Conte. In pratica, solo lui è titolato alla fine a cantare Bandiera Rossa. Ma l’elettore prima o poi gli dirà di smetterla di fare il furbetto: perché Gualtieri ha la faccia tosta di affermare che il Pd deve chiedere scusa a Ignazio Marino per averlo cacciato. Costo zero per lui, tanto è colpa di Matteo Renzi… Per sapere la verità si prega di citofonare a casa Orfini. L’altra chance per il compagno elettore che voglia prendere la tessera elettorale per recarsi alle urne si chiama Carlo Calenda. Quello che persino ieri ha strillato temendo chissà quale complotto perché gli hanno riferito che la polizia frugava tra i banchetti cittadini a suo sostegno. Calenda so’ tutto io, già lo chiamano nei quartieri. Che potrebbe essere una cosa bella se fosse vera. Essendo invece tutto molto finto, è invece un modo per atteggiarsi. Scrive nei suoi slogan «sindaco sul serio» e fa già ridere. Ma è durissimo più di tutti contro Roberto Gualtieri, che tratta peggio della Raggi. Più il campione del Pd parla di transizione ecologica, di clima, di pianeta, e subito gli molla la risposta modello «parlaci di Bibbiano»: «Che fai con Atac, che fai di Ama, come chiudi il ciclo dei rifiuti, come gestisci i vigili urbani, fai entrare in giunta il M5S?». Non male come antipasto per il voto di ballottaggio. E giù a pretendere un confronto proprio con Gualtieri e chissà perché. Andrà a finire che quel povero elettore, si riprenderà la tessera elettorale e la rimetterà nel comodino di casa. Altro che «battere le destre». Stanno sulla Luna.

 

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