Enrico Letta non piace più al Partito Democratico: no a Ius Soli e patrimoniale. Scatta la fronda
«Letta sbaglia. Con battaglie identitarie, come lo Ius Soli e la tassa di successione, il Pd resta inchiodato tra il 18 e il 20%». La critica al segretario del partito Democratico, secondo quanto rivela l'agenzia Adnkronos, arriva dall'assemblea del gruppo al Senato dove ieri mattina è andata in scena una piccola «fronda». Tra gli interventi quelli di Andrea Marcucci, Gianni Pittella, Stefano Collina, Salvatore Margiotta. La riunione, convocata per l'analisi di una ricerca YouTrend sul posizionamento del Pd, è diventata l'occasione per mettere nero su bianco alcuni appunti alla linea del segretario, in giornate in cui si fa crescente il pressing dell'ala riformista dei Dem per riallacciare i ponti con la galassia centrista, da Renzi a Calenda, e per rafforzare l'identità Pd nella chiave di «una nuova vocazione maggioritaria». Quest'ultima tra i temi centrali del Manifesto Riformista presentato mercoledi sera dall'area Guerini-Lotti.
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Parte l'ex capogruppo Marcucci: «Il Pd deve tornare ad essere incisivo ed attrattivo. Basta con le bandiere identitarie, che non possono essere approvate in questo Parlamento, tipo tassa di successione, voto ai 16enni, Ius soli e Mattarellum. Vanno portate avanti battaglie riformiste, per rilanciare l'Italia, adesso. Draghi è il nostro Presidente del Consiglio, non distinguiamoci per farci dire sempre no. Con questo approccio, iniziamo il confronto con le forze liberal democratiche, senza dimenticare il possibile rapporto con il M55». E poi Gianni Pittella che definisce un «errore esiziale» quello del segretario Letta di portare avanti «battaglie identitarie» che non allargano il consenso del Pd. «Ho la netta percezione che Letta stia lavorando per confermare e consolidare il nostro elettorato storico progressista attraverso battaglie identitarie e non abbia ancora mostrato capacità espansiva verso chi non ci vota. Aggiungo persino scoraggiando l'elettorato moderato che potrebbe guardare con interesse al nostro progetto», ha detto Pittella alla riunione del gruppo. Per il senatore Pd si tratta di «un errore esiziale che rinnega la capacità espansiva che è stato il segno distintivo del Pd fin dalle sue origini: unire i riformismi e darsi un orizzonte maggioritario e di governo, non identitario di opposizione». Una riflessione che riguarda anche «il perimetro della coalizione. Pensiamo il nostro destino sia un matrimonio a sinistra con i 5Stellee e Leu, in cui non è neanche detto sia il Pd la parte centrale e moderata dato il profilo che leadership di Conte potrebbe dare al nuovo partito? Oppure riteniamo questa convergenza non esaustiva e pensiamo vada costruito un fronte di forze moderate sul modello di quello che ha dato vita alla maggioranza parlamentare europea a sostegno della Presidente von der Leyen?».
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Alle osservazioni dei senatori ha replicato la capogruppo Simona Malpezzi che, a quanto si riferisce, ha difeso la linea del segretario Letta «emancipandosi» dai suoi colleghi di area, tutti di Base Riformista, che oggi sono intervenuti nella riunione al Senato. L'invito della presidente è stato quello di preoccuparsi di costruire intanto contenuti e poi di pensare agli schieramenti, confermando che il posizionamento del Pd non cambia: baricentro di una possibile coalizione, che guarda a tutti gli interlocutori senza preclusioni verso nessuno.
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