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C'è una finestra per licenziare, l'allarme di Landini

Filippo Caleri
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In attesa che la maggioranza trovi la quadra sullo sblocco dei licenziamenti, a oggi fissata al 30 giugno, ma sul quale maggioranza e governo stanno ragionando per introdurre uno slittamento integrale o selettivo, è stato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini a far un presente il rischio che, per lo sfasamento temporale tra la scadenza fissata e l’operatività del decreto con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, si apra una finestra temporale all’interno della quale sarebbe pienamente legittimo il licenziamento delle risorse lavorative. «Non so quale decisione prenderà il governo, ma abbiamo tutti ben presente che modificare il dl sui licenziamenti in Parlamento non sarebbe sufficiente. Il blocco dei licenziamenti verrà meno il 30 giugno, il decreto legge verrà convertito intorno a metà luglio. Dal primo al 15 luglio sarà possibile licenziare?». Questo il rischio che lo stesso Landini ha fatto presente martedì scorso nell’incontro con il premier Draghi. In attesa di chiarimenti la partita resta aperta con il Pd che punta sulla selettività del blocco solo per alcuni settori. Il M5s rilancia la proroga dello stop e la Cisl che chiede un prolungamento fino a ottobre.

Al momento la normativa sblocca i tagli il 1° luglio e l’unica strada per modificare la norma sarebbe in teoria un emendamento al Decreto Sostegni bis, impossibile però da portare a casa in venti giorni. Servirebbe quindi un’iniziativa del governo, dove però al momento non sembra esserci unità di vedute. Analizzando gli ultimi report sul lavoro di Bankitalia si può calcolare una cifra vicina ai 370-380mila possibili esuberi tra i contratti a tempo indeterminato, ai quali potrebbero aggiungersi circa altri 200mila licenziamenti legati alla crisi Covid.

 

 

 

Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, è consapevole del fatto che per cambiare serve «il consenso di tutti» e intanto rilancia sulla riforma degli ammortizzatori, tassello fondamentale per contenere i licenziamenti attesi. «Il confronto sull’impianto si concluderà a fine mese o all’inizio di luglio, poi bisognerà avviare una discussione con il Ministero dell’Economia, per reperire le risorse necessarie ad attivare i vari strumenti», spiega Orlando, aggiungendo come «l’idea è quella di un sistema di tutela universale, costruire un meccanismo di cassa integrazione che tenga conto delle dimensioni dell’impresa e della specificità dei settori, che sia uno strumento non solo di integrazione al salario, ma anche di carattere formativo». Sui licenziamenti la linea Pd è arrivata ieri mattina dal segretario Pd Enrico Letta: «Fin dall’inizio la nostra proposta è di essere selettivi, ad esempio l’edilizia grazie all’ecobonus è ripartita, altra cosa sono settori come il tessile e l’automotive per cui serve maggiore gradualità». L’idea riecheggia in parte la proposta dello sblocco per settori del leghista Giancarlo Giorgetti, ma nel M5s la risposta è chiara. «È indispensabile prevedere un’ulteriore proroga dei licenziamenti. Siamo all’ultimo miglio di una crisi durissima e proprio ora dobbiamo insistere a tutela dei livelli occupazionali», scrivono i senatori in commissione Lavoro di palazzo Madama.

Nel dibattito si inseriscono anche i sindacati, preoccupati per le ricadute soprattutto sull’industria. Il leader della Cisl, Luigi Sbarra, si rivolge direttamente al governo: «È necessario un prolungamento almeno fino ad ottobre e un nuovo confronto con noi». Sembra quindi traballare la mediazione trovata dal premier Mario Draghi, criticata proprio dalle parti sociali perché ritenuta troppo vicina alle posizioni di Confindustria, da mesi in pressing per eliminare il freno ai licenziamenti.

 

 

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