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No Giorgia, no party. Doccia fredda dei sondaggi sull'unione Lega-Forza Italia

Franco Bechis
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Il primo sondaggio - certamente prematuro - sul partito unico Lega-Forza Italia è una vera doccia fredda: quasi due elettori su tre del centrodestra non comprendono e non condividono una unione fra due forze di quello schieramento che tenga fuori Fratelli di Italia. In sostanza “No Giorgia, no party” per l'elettorato di riferimento. A sondare il progetto di partito unico con un campione di elettori storici del centrodestra è stato Fabrizio Masia per Agorà, che ha rilevato come sia contrario al partito unico, che unico non è, sarebbe il 63% di quell'elettorato. A favore solo il 24% con un 13% che non ha ancora maturato un giudizio.Vale quello che conta un sondaggio, ma se all'inizio dell'avventura l'umore sembra essere questo, rischia di essere tutta in salita la strada per la formazione di quel partito unico che già tanti malumori sta causando nelle fila della nomenklatura degli stessi promessi sposi. Anche altri sondaggisti contattati da Il Tempo non vedono un grande successo ora di quell'operazione, prevedendo anzi una perdita di consensi del partito unico rispetto alla somma delle due forze politiche che lo compongono.

 

Sono le stesse perplessità che accompagnarono il famoso predellino e la nascita del Pdl nel 2008, e anche allora il centrodestra si ruppe con Pierferdinando Casini che andò per la sua strada e la stessa Lega che rimase fuori dall'operazione pur restando in coalizione. Non è una sorpresa, perché è stata davvero la storia di questi anni: l'elettorato moderato e conservatore sa capire e anche apprezzare la diversità di sfumature di questa coalizione, ma non riesce a sopportare e digerire i litigi e i contrasti tanto più quando appaiono personali e non politici. Quindi è normale che la sola ipotesi di una unione Forza Italia-Lega pensata per avere un contraltare alla incredibile crescita di consenso della Meloni, irrita l'elettorato di centrodestra dove lei ha una posizione sempre più importante. Se si vuole procedere su quella strada, bisogna che sia evidente che non esista manco il pensiero recondito di un vantaggio di questo tipo. Probabilmente fin qui non è stato così chiaro. 

 

Non sappiamo quale legge elettorale ci sarà quando finalmente si ridarà la parola agli italiani (e prima o poi bisognerà farlo), ma intanto bisogna fare i conti con quella che c'è che ha una parte non indifferente maggioritaria. E allora bisogna sapere che contro i moderati e conservatori ci sarà una alleanza temibile e tutt'altro da sottovalutare, come quella fra M5s e Pd (e gli altri più a sinistra) che non avranno alcuna intenzione di fondersi in un partito unico, ma sicuramente faranno cartello. La gara si fa solo se anche il centrodestra è saldamente unito, meglio ancora se con una leadership evidente prima del ricorso agli elettori. Altrimenti si fanno progetti bellissimi, si conterà qualche mese un pizzico di più in un governo di Mario Draghi che finiti i vaccini e con il Pnr avviato dovrà inventarsi un programma di governo, ma poi si rischia di spianare la strada agli avversari politici. Non è saggio dare all'elettorato l'impressione di continue divisioni fra le forze del centrodestra, e tutto si deve fare per dare prova di una consonanza di intenti con la Meloni e Fratelli di Italia, cosa non facilissima oggi visto che due forze siedono nel governo e una all'opposizione.

 

Non è il massimo quindi che proprio in queste ore sia saltato per l'ennesima volta il vertice di coalizione che doveva scegliere i candidati sindaci del centrodestra nelle grandi città, in primis Roma. Non bisogna fidarsi troppo della pazienza degli elettori, che non dura all'infinito. Ognuno può avere le sue perplessità su questo o quel nome, e nessuno di quelli in campo può contare su una popolarità così schiacciante da rendere inutile la partita. Forse non esistono nemmeno candidati di questo tipo, perché anche se si candidasse il re di Roma- Francesco Totti- sarebbe ben noto a tutti, ma assai indigesto all'elettorato laziale e forse anche a quello juventino, milanista o interista che pure non l'aveva così in uggia. Ci vuole un nome in campo senza perdere tempo, perché dovrà averne per farsi conoscere ed eventualmente apprezzare, ed è davvero inutile proseguire in esami del dna di questo o quella. L'unica cosa che si chiede a un leader politico è la responsabilità della scelta: possono farla giusta o sbagliata, lo dirà alla fine l'elettorato. Continuare a non fare la scelta è solo il modo più sicuro di perdere.
 

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