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Nel mirino c'è Cingolani, ora Conte sogna la vendetta

Carlantonio Solimene
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Il delitto non è stato ancora compiuto ma già si indaga su chi sia il mandante. Tradotto: sono davvero i malpancisti dei 5 stelle che stanno chiedendo a Giuseppe Conte di guidare l’addio al governo Draghi o è lo stesso Conte che li sta facendo fare - e, dietro le quinte, ne dirige le mosse - perché non ha mai abbandonato il sogno di andare anticipatamente alle urne?

Nel contesto balcanizzato di un Movimento 5 stelle ancora senza una guida ufficiale il fronte di chi vorrebbe abbandonare l’esecutivo per ritrovare le «parole guerriere» delle origini si fa sempre più numeroso. E i governisti, guidati da Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli, faticano sempre di più a sedare gli animi. Così il dibattito, finora confinato ai conciliaboli dei malpancisti, stavolta assume i crismi dell’ufficialità: «Resteremo al governo solo a certe condizioni» dice Gianluca Perilli, supercontiano del Senato, in un’intervista a Il Foglio. E aggiunge: «Giuseppe è stato fatto fuori da un’operazione brutale, è normale che sia freddo con Draghi». Un’ammissione dello scarso feeling dell’avvocato con il suo successore. L’ex sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo va oltre: «Abbiamo risposto in maniera matura all’appello del Capo dello Stato per mettere in sicurezza il nostro Paese - scrive su Facebook - da un punto di vista sanitario ed economico, sostenendo questo governo. C’è sicuramente ancora molto da fare ma la luce in fondo al tunnel si inizia a vedere e, una volta terminato questo complesso lavoro, credo sia doveroso chiedersi se sia ancora realmente necessario sostenere "un governo Draghi". Forse non più e porrò questo tema a Giuseppe Conte e ai ministri del M5s».

Il tema quindi sono le condizioni per restare in maggioranza. E, da questo punto di vista, il grimaldello perfetto per favorire uno strappo è stato individuato da tempo. Ed è il continuo lavoro di logoramento nei confronti del ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani. Solo 48 ore fa infuriavano le voci su un gruppo di grillini ansioso di sfiduciarlo per le sue posizioni su nucleare e termovalorizzatori. Ieri, se possibile, la situazione si è fatta ancora più tesa nel momento in cui Cingolani ha rivendicato la trattativa che sta conducendo con l’Unione europea per far escludere i materiali con una bassa percentuale di plastica - come il tetrapak - dal bando dei monouso che entrerà in vigore il prossimo 3 luglio. Una battaglia volta a preservare un settore di cui l’Italia è leader continentale nella produzione e per questo seguita con interesse dal leader di Confindustria Carlo Bonomi. Ebbene, è bastato che ieri Cingolani salutasse con entusiasmo le aperture ottenute sul punto dalla Ue per attirarsi un titolo velenoso dal Fatto quotidiano, di fatto l’house organ del contismo: «Il ministro della Transizione ecologica esulta perché l’Europa ci permette di continuare a inquinare». È chiaro che colpire Cingolani significa picconare la ragione stessa individuata da Grillo per appoggiare al governo: l’esistenza del «superministero» ambientale.

In questo contesto, come detto, Conte non dice una parola e di fatto il suo silenzio sembra già una risposta. Così come il «no comment» sull’ipotesi candidatura alle suppletive assomiglia tanto a un cortese diniego. Il motivo sta tutto nella difficoltà della partita: secondo YouTrend, nel collegio in palio - Roma Primavalle - centrodestra e giallorossi sarebbero praticamente appaiati. Troppo alto, insomma, il rischio di non vincere con conseguente figuraccia. Meglio, come gli suggerisce il direttore del Fatto Marco Travaglio, girare l’Italia per far conoscere il nuovo Movimento. Sempre che Casaleggio gli permetta di sbloccare la votazione per essere incoronato. Una circostanza incerta almeno quanto il voto a Primavalle.
 

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