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Il dilemma elettorale di Conte: Giuseppi tentato da una poltrona in Parlamento

Carlo Solimene
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Giuseppe Conte candidato nel collegio di Roma Primavalle per la Camera dei deputati nelle suppletive del prossimo autunno. Anzi no. È il refrain che ha cominciato a circolare ieri in ambienti 5 stelle. Il seggio starebbe per essere lasciato libero dalla grillina Emanuela Del Re, attuale viceministro degli Esteri, che proprio ieri ha ricevuto il prestigioso incarico di rappresentante speciale dell'Unione europea per il Sahel. L'occasione, a quanto si vocifera, potrebbe essere presa al volo da Conte per uscire dall'impasse a cui l'ha condannato l'infinito braccio di ferro con Davide Casaleggio sulla questione dei dati degli iscritti al MoVimento 5 stelle. Senza di essi, infatti, non si può procedere alla votazione per eleggere l'ex premier capo politico dei grillini. E il presidente dell'Associazione Rousseau, nonostante il pronunciamento del Garante per la Privacy, non ha ancora provveduto a consegnare il materiale al Movimento, nascondendosi dietro la mancanza della figura del reggente. Una paralisi che si trascina ormai da mesi e che ha bloccato il progetto di Conte di varare il «neo M5s». Col risultato che una trentina di parlamentari - in sofferenza per l'appoggio a Draghi - sarebbero ormai in procinto di staccarsi dalla compagine grillina per seguire Morra, Lezzi e gli altri espulsi. o, in alternativa, attendere le mosse politica di Alessandro Di Battista piuttosto che chiedere ospitalità a Fratelli d'Italia.

 

 

In questo contesto, entrare in Parlamento nel gruppo dei 5 stelle consentirebbe a Conte di avere una maggior presa sugli eletti e di giocare un ruolo di primo piano anche quando entreranno nel vivo le trattative per il prossimo presidente della Repubblica. Fin qui la teoria. La pratica, tuttavia, rischia di rivelarsi più complessa. Perché il collegio di Roma Primavalle rischia di essere tutt'altro che blindato per l'ex premier. Nel 2018, la Del Re si affermò col 34,06% dei voti davanti al forzista Pasquale Calzetta (32,92) sostenuto da tutto il centrodestra e alla piddina Cristina maltese (23,86). Pd e Cinquestelle, insomma, partirebbero dal 58% dei consensi se si alleassero, come appare scontato visto che i grillini appoggerebbero la candidatura di Enrico Letta nel collegio di Siena lasciato libero da Pier Carlo Padoan. Ma quelle percentuali fanno riferimento a un'era politica fa.

 

 

La realtà è che negli ultimi tre anni i grillini hanno perso tutte le competizioni elettorali a cui hanno partecipato e, peraltro, a Roma il voto si terrebbe contestualmente alle Amministrative in cui Pd e 5 stelle vanno ognuno per conto proprio, con il carico di rancori conseguenti. Insomma, per il due volte premier che non ha mai affrontato una sfida delle urne sarebbe mortifero cominciare con una sconfitta cocente. Significherebbe, sostanzialmente, scrivere subito la parola fine ai sogni di leadeeship. È per questo che ieri sera, dall'entourage dell'ex premier, è stato espresso un certo scetticismo sull'ipotesi. A rientrare per primo nel Palazzo sarà, invece, il portavoce di Conte. Quel Rocco Casalino che verrà assunto formalmente per curare la comunicazione televisiva dei gruppi di Camera e Senato ma, in realtà, continuerà a lavorare fianco a fianco con l'ex premier. Circostanza che, peraltro, ha fatto storcere il naso a più d'uno dei parlamentari grillini. «Ormai ci trattano come bancomat» il refrain nei corridoi delle Camere.

 

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