Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Luigi Di Maio si scusa solo per interesse: soltanto ora ha scoperto il garantismo

Andrea Amata
  • a
  • a
  • a

Luigi Di Maio, dalle colonne del Foglio, si è abbandonato all'autocritica per aver impugnato l'arma della demonizzazione preventiva dell'avversario politico che inciampava in un procedimento giudiziario. Il ministro degli Esteri, nella lettera pubblicata sul quotidiano fondato da Giuliano Ferrara, si scusa per il delirio giustizialista che incarnò il MoVimento 5 stelle contro l'ex sindaco di Lodi Simone Uggetti, che, dopo 5 anni di odissea processuale, è stato assolto pur avendo dovuto patire l'onta dell'arresto e l'epilogo precoce della sua carriera politica. Di Maio faceva parte della canea forcaiola che elevava l'indagine contro Uggetti a verdetto di colpevolezza, ignorando deliberatamente la presunzione d'innocenza che è parte integrante della nostra civiltà giuridica, oltre che patrimonio della nostra Carta costituzionale.

 

 

Il gesto politico dei Cinque stelle, sin dal suo esordio nell'agone pubblico, si è sempre contraddistinto nell'enfatizzazione delle iniziative giudiziarie contro l'avversario, contribuendo a violare l'equilibrio dei poteri che in una sana democrazia sono demarcati da perimetri non sconfinabili. Il riconoscimento postumo dell'errore su Uggetti avviene dopo l'assoluzione dello stesso, dunque possiamo presumere che senza il proscioglimento non ci sarebbe stata da parte di Di Maio la dichiarazione di contrizione. Mentre quel metodo di lapidazione politica avrebbe dovuto essere ripudiato prima della sentenza di assoluzione per rinvenire un sincero ravvedimento. Rispettare la giustizia significa aspettare il suo pronunciamento e non aggravarla di una missione palingenetica, violandole garanzie, che la qualificano come giusta, nello strepito mediatico. La missiva di Di Maio appare strumentale come se volesse rimuovere lo stile vessatorio di un tempo, non più compatibile con il suo attuale incarico, per rimpannucciarsi in abiti più confacenti al salotto buono della politica. Il grillino parvenu ieri delegittimava le istituzioni e la democrazia, con i suoi inquilini equiparati ad abusivi occupanti del palazzo, assediandole con il vituperio verbale, mentre oggi, accomodatosi nel comfort del potere, si presenta ammansito pur di mantenere i privilegi dello status conseguito.

 

 

È facile dopo l'assoluzione di Uggetti definire «grottesche e disdicevoli» le modalità della contrapposizione politica in seguito all'arresto dell'ex sindaco di Lodi, che venne trasformato nel punchball contro cui il giustizialismo sferrò violenti colpi per accreditarsi come panacea della questione morale. Le scuse di Di Maio attestano che la soluzione non si identifica con la gogna mediatica, esponendo al pubblico disprezzo personaggi su cui aleggiano ipotesi di reato non accertate, che con il tempo pub tramutarsi in un boomerang e cambiare traiettoria per scagliarsi contro chi ne principiava il persecutorio effetto. Il grillismo primordiale con i suoi connotati giacobini, che sdottoreggiava sulla purezza incontaminabile del suo messaggio politico, è stato archiviato dai suoi stessi discepoli che ormai ne riconoscono i grossolani limiti pur di sopravvivere, ahinoi, al loro fallimento.

 

Dai blog