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Capezzone azzanna Furfaro, è rissa sulla tassa di Letta. "Ca**ata, comunista", poi Porro cala l'asso contro il Pd

Giada Oricchio
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A “Quarta Repubblica”, il programma di Rete 4, lunedì 24 maggio, è battaglia all'ultimo insulto tra Daniele Capezzone e Marco Furfaro sull’ipotesi di Enrico Letta di mettere una tassa di successione sui grandi patrimoni: “Il PD ha detto una ca**ata”, “Ti sembra una mancia perché tu prendevi 10.000 euro al mese”.

 

La patrimoniale sulle successioni lanciata dal segretario del PD, Enrico Letta, ha infiammato il dibattito politico più delle riperture e del coprifuoco. A “Quarta Repubblica”, il conduttore Nicola Porro dà voce a entrambe le posizioni ospitando il giornalista ed ex deputato Daniele Capezzone e il deputato del PD, Marco Furfaro. Capezzone infilza la misura a testa bassa: “Cosa ne penso? Intanto noto che hanno già cambiato idea, da 1 milione sono passati a 5 milioni in tre giorni, hanno capito la ca**ata detta. Il centrodestra ha un sacco di guai, ma Meloni, Salvini, Berlusconi quando parlano la sera tra di loro, dicono ‘va’, meno male che c’è Letta’. Vi sembra normale che nel momento in cui forse ci stiamo riprendendo dalla crisi, arriva il professore da Parigi e dice: sai che c’è? Mettiamo una bella tassa. Ma quelli del PD dove vivono? Con gli Ufo di cui parla Obama. Volete dare 10.000 euro ai giovani per uscire di casa, avviare un’attività e accedere all’istruzione, ma cosa dite? I giovani non hanno bisogno di un’altra misura in stile grillino. Devono avere lavoro, non la mancetta”. 

 

Marco Furfaro, esponente PD, contrattacca: “E’ il contrario di quello che dice Capezzone, la tassa non va a colpire i ceti medi, non riguarda l’1% della popolazione, ma l’1% dei più ricchi e la tassa sarebbe sulla quota eccedente i 5 milioni. Capisco che per Capezzone sia una mancetta, guadagnava 10-15.000 euro al mese in Parlamento e ha perso il senso delle cose. Se lo Stato investe sui giovani ne migliora tutta la società”.

 

Nicola Porro però ricorda: “Lo sa chi ha messo l’aliquota vigente? Il governo Amato e poi quello Prodi, hanno sbagliato, allora?”, ma Furfaro esce abilmente dall’imbarazzo: “Vogliamo contare gli errori della sinistra? Faccio io una domanda: perché nessuno dei miliardari si arrabbia? Loro sanno che serve una società più giusta affinché sia anche più competitiva. Questa sarebbe una manovra giusta di redistribuzione perché qualcuno si è molto arricchito e qualcuno ha perso il lavoro e non può far studiare i figli, si tratta di un piccolo sforzo”. 

Il botta e risposta si tramuta in scontro con Capezzone che replica: “Mi spiace sfasciare il presepe comunista, si sono impoveriti autonomi e imprese, l’Italia è paese record per la tassazione e voi cosa fate? Andate a prendere l’unica unghia dove la tassazione è un po’ più bassa. Cos’è quel grafico? Mi vuol dire che sapete colorare e fare i trasferelli? Bene. Siete sciocchi perché i ricchi che volete bastonare andrebbero incoraggiati a far muovere l’economia, servono a far sorridere i più poveri. Chiudo dicendo a Furfaro, che è un comunista simpatico, di smetterla di raccontare balle! Voi comunisti quando dite che bisogna tassare i ricchi, significa che poi piano piano diventano tutti ricchi. Voi siete tasse e sussidi”.

 

La risposta di Furfaro non si fa attendere: “Il benaltrismo è buono per chi non conosce la povertà. Il Recovery non lo pagheremo noi, ma i nostri figli. Il principio è un Paese fuori dai macchiettisti: questa misura serve per dare autonomia e per istruzione. Basta con i comunisti, ho 40 anni e faccio parte di una generazione che non è comunista, noi vedevano la tua generazione che stava in Parlamento per 10.000 euro al mese” e Capezzone va su tutte le furie: “La lezione falla a Enrico Letta Presidente del Consiglio e consigliere delle società all’estero!”.

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