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Le tasse di Enrico Letta e l'odio per imprenditori e partite Iva

Benedetta Fucci
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Esiste una narrativa che descrive il Pd come il partito delle tasse. Ed Enrico Letta in effetti, qualche precedente ce l'ha. La proposta di istituire una tassa di successione per colpire «i figli dei ricchi», come li ha definiti con un'espressione di sovietica memoria Stefano Lepri, deputato Pd, è coerente con il fatto che Letta detenga il triste primato di ultimo Presidente del Consiglio ad aver aumentato l'Iva. A nulla vale poi la difesa d'ufficio che porta ad esempio la Gran Bretagna, dove vige una normativa simile sulle eredità, se si pone sul tavolo l'impietoso confronto fra i due Paesi: l'Italia ha, secondo le stime più realistiche, la pressione fiscale più alta d'Europa. Eppure, in un Paese che conta 125mila morti a causa del Covid, di cui oltre 33mila nella Lombardia dei grandi patrimoni, appare evidente come le parole di Enrico Letta suonino come una crudele beffa. Lo Stato che piangeva le bare di Bergamo, oggi è pronto a prendere come un vampiro dai loro figli? Cimentandosi in una lettura più profonda di questa proposta, si percepisce quanto sia riduttivo racchiuderla in un contesto puramente fiscale.

 

 

Allargando lo sguardo infatti, il tema centrale non è tanto la tassazione, quanto un'avversione pre-politica verso la libertà e l'autodeterminazione dell'individuo. Enrico Letta, in perfetta continuità con Nicola Zingaretti, si è opposto fieramente alle riaperture, mostrando un certo noncurante disprezzo verso una classe media di autonomi, commercianti, partite Iva in ginocchio. Ha difeso a spada tratta il coprifuoco, arrivando a farne una bandiera ideologica, anche quando era ormai ampiamente chiaro che l'unico risultato di quella assurda e «fascistissima» misura è stato quello di infierire sui ristoratori e contribuire al clima di terrore sanitario, alimentando il Leviatano statalista mai sazio di oppressione e potere. Ora che piano piano il Paese sta ripartendo, i tentativi di mantenere lo status quo si fanno sempre più goffi ed evidenti: uno per tutti, la richiesta ai turisti che arrivano in Italia di effettuare un tampone negativo pur se vaccinati. Un'inutile e disincentivante regola che uccide gli imprenditori del settore turistico, che si traduce in un disperato tentativo di preservare quella visione illiberale della società che colpevolizza chi si determina non solo indipendentemente, ma nonostante lo Stato. 

 

 

Eppure, un'altra sinistra è esistita e prova a resistere in questo Paese. È stata quella riformista, che ha visto nell'imprenditore non un nemico, ma l'unico mezzo per far crescere il Paese e, di conseguenza, tutelare i lavoratori. Una sinistra che è stata colpita non a caso utilizzando il tema ossessivo del denaro: erano denaro, le monetine dell'hotel Raphael, era denaro, quello che il P.S.I. avrebbe ricevuto illecitamente, è intorno al denaro che, non a caso, ruota l'inchiesta di Open, la fondazione che sosteneva la Leopolda di Matteo Renzi. È ancora il denaro come colpa, l'ossessione del giacobinismo grillino. Non a caso, la visione tradizionale della sinistra attuale, ben si concilia con quella del Movimento 5 Stelle: non ci si occupa di favorire la crescita, lo Stato imprenditore di stampo marxista diventa Stato prenditore. Colpisce i patrimoni, i lavoratori, le partite iva. Redistribuisce come un elemosiniere attraverso i sussidi, rendendo di fatto il cittadino schiavo della benevolenza del Lievatano. L'obiettivo l'uguaglianza che livella verso il basso, in una visione della vita come sacrificio costante, in cui l'ambizione diventa uno stigma. Fatta eccezione per il denaro e la crescita di patrimoni e imprese degli amici, fondazioni europee o cinesi che siano: in fondo, tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri. Caduta la maschera, una consolazione resta: quella di aver mostrato chiaramente agli italiani cosa sarebbe successo se al Governo del Paese non fosse arrivato Mario Draghi, che risponde ad Enrico Letta che non è il momento di prendere, bensì di dare, ma fosse rimasto Giuseppe Conte e il suo Governo più a sinistra della storia.

 

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