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Centrodestra alle comiche. La lite Lega-FdI sul Copasir diventa grottesca

Franco Bechis
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Da settimane il centrodestra finisce su tutti i giornali per l’estenuante braccio di ferro sulla guida del Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti. In tutto questo tempo è stato paralizzato da quello che a tutti è sembrato uno scontro fra Lega e Fratelli di Italia, con Forza Italia che parteggiava per questi ultimi.

 

Non è stato un bello spettacolo. Per lungo tempo Raffaele Volpi è restato al suo posto facendo finta di nulla, e Giorgia Meloni ha bussato a tutte le porte istituzionali e non per sentirsi riconoscere le sue ragioni. Dico subito la mia opinione: ha sempre avuto ragione lei, il Copasir è un comitato di controllo sull'attività più delicata dell'esercizio del potere da parte del governo e della sua maggioranza, e quindi deve essere guidato logicamente dall'opposizione. Ma questa ragione non è stata riconosciuta dalla Lega, complicando non poco il clima già non idilliaco esistente fra le due prime forze politiche del centrodestra. Poi all'improvviso quando la tensione sembrava arrivare alle stelle, Volpi ha annunciato il suo passo indietro ed è venuta fuori la possibile ragione di quello scontro.

 

A qualcuno la vicenda sembrerà seria, a mio modesto parere nelle ultime ore è diventata comica e quasi grottesca. Il vero ostacolo a lasciare quella poltrona riguardava chi di Fdi avrebbe dovuto sedersi dopo: Adolfo Urso, considerato amico dell'Iran perché molti anni fa aveva costituito una società, la Italy Word Service, che a Teheran aprì un ufficio e che con quel paese lavorava parecchio. Matteo Salvini non ha citato né lui né la società, ma è stato tranchant: “Sicuramente in un momento delicato come questo, con Israele sotto attacco, la Lega non darà mai il suo consenso a qualcuno che ha amicizia con un regime come quello iraniano che vorrebbe cancellare Israele”. Un tackle di quelli ruvidi, che ha fatto sospettare anche qualcuno un suggerimento americano a questa posizione.

 

Fatto sta che sentendo traballare la sua ambizione, ieri Urso ha scatenato la controffensiva usando ogni arma lecita. Foto ingiallite dal tempo che lo ritraggono mentre stringe la mano all'ex premier e falco israeliano Ariel Sharon, altre foto con l'allora presidente israeliano Shimon Peres e una di Urso sempre giovanissimo a colloquio con altro e premier di Israele, Ehmud Olmert. Poi amici a mettere la mano sul fuoco sulla sua amicizia con gli ebrei, sul ruolo fondamentale avuto nella storica visita di Gianfranco Fini, e la stampa più vicina a raccontare una assai immaginifica protesta dei social (lo dice “il popolo del web”) in questi casi, che si indignerebbero con la Lega al grido di “Nessuno strumentalizzi Israele”. Insomma, si è calcata un po' la mano nella difesa, così se al primo mattino c'era chi diceva che Urso non era adatto a guidare il Copasir perché filo iraniano, la sera il giudizio restava identico con il dubbio opposto: “Ma Urso era una spia del Mossad?”. Mi si perdoni la battuta, ma ho voluto raccontare il lato grottesco di questa vicenda perché un po' raggelato come temo molti elettori dall'idea che questo sia il clima esistente fra le due principali forze di uno schieramento che prima o poi dovrà candidarsi a guidare l'Italia. Oltretutto si sopravvaluta non poco il ruolo di chi guida quel comitato di controllo che raramente ha scoperto nella sua esistenza qualcosa degno di nota e che non custodisce chissà quali informazioni micidiali per la sicurezza del Paese. Ricordo in anni passati che documenti segretissimi con tanto di timbro venivano regolarmente buttati nel cestino della spazzatura dai componenti del Copasir (come da quelli della altrettanto sopravvalutata commissione antimafia). Erano anni in cui anche per quello mi ero specializzato nel “giornalismo-spazzatura”: passavo dopo di loro e raccoglievo le informazioni scartate dal cestino con qualche trucco ben studiato, prima che li raccogliessero in sacconi della spazzatura gli addetti alle pulizie del Parlamento. In un paio di occasioni raccolsi qualche notizia degna di nota. La maggiore parte delle volte aria fritta. Inutile mitizzare troppo un ruolo come quello in un Paese dove quello che viene ritenuto il più diabolico e astuto nostro agente segreto- Marco Mancini- si fa pizzicare a filmare come un principiante mentre parlava con Matteo Renzi in una piazzola di sosta dell'autostrada da una signora che attende il papà andato a fare pipì con qualche difficoltà. Non siamo il paese dei James Bond, ve lo assicuro.

Questa vicenda ha solo gettato una brutta ombra sul centrodestra e comunque si risolva ha avuto un peso che non meritava. Ma è riuscita a provocare anche altri guai. Litigando i due leader non si sono mai visti e non hanno trovato un'intesa su chi candidare a Roma, a Milano e nelle grandi città dove tutti gli altri schieramenti sono ormai in campo a fare campagna elettorale. Tempo prezioso perso, possibili buoni candidati che hanno gettato la spugna vedendo l'ambientino in cui si sarebbero trovati, e ora soluzioni di ripiego.

 

A Roma ad esempio si pensa di candidare Enrico Michetti, un avvocato che pare noto agli ascoltatori di Radio Radio ma di cui molti (me compreso) nulla sapevano fino ad ora. Sarà persona rispettabile, non lo metto in dubbio. Fa anche il direttore della Gazzetta amministrativa, che è un lavoro nobilissimo. Ho sentito molte ore di sue interviste e trasmissioni degli ultimi anni e capito che a Radio Radio cercava di grattare la pancia del pubblico con qualche uscita roboante, prendendosela con la casta e con i parlamentari, ma poi da grande esperto della pubblica amministrazione si metteva il doppio petto passando a Sky per dotte dissertazioni e difese a spada tratta dei dipendenti pubblici infamati da un manipolo di furbetti del cartellino. Michetti andrà benissimo, per carità. Ma il fatto di essere praticamente sconosciuto non aiuta una campagna elettorale dove il centrodestra parte in svantaggio rispetto a tutti gli altri, perché ha perso inutilmente tempo dietro scaramucce interne. Complicato e quasi impossibile fare conoscere ora un candidato sperando che emerga fra gli altri. In campo nell'ultimo quarto d'ora puoi mettere anche un giocatore che ha poco fiato, ma deve essere un bomber conclamato in grado di dare la zampata vincente come ai vecchi tempi. Follia chiamare dagli spogliatoi uno che non sai manco come sappia muoversi in campo. E qui la questione è seria, meno da ridere. Non c'è più tempo da perdere: o il centro destra torna tale (ed è l'unico modo per pensare di vincere) o si lascia tutta la posta agli avversari, e i sondaggi pur generosi si trasformeranno in carta straccia.

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