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Gianluigi Paragone candidato sindaco di Milano: "Città sul lastrico, perché lo faccio"
“Il Comune presenta una situazione economica e organizzativa drammatica. Le passività superano abbondantemente i cinque miliardi di euro, tra debiti e crediti inesigibili. Le partecipate sono in piena crisi e si prospettano difficoltà a erogare servizi. (...) Siamo di fatto in dissesto. (..) La conseguenza è che in queste condizioni il sindaco diventa un commissario liquidatore”.
Con queste parole, l’ex ministro Gaetano Manfredi (uno dei papabili candidati del centrosinistra nella città partenopea) ha gettato il sasso nello stagno. Un sasso che diventa un macigno se lo si infila nelle tasche di uno Stato che va spesso col cappello in mano a mendicare qualche soldo, ovvero di un Comune che è costretto ad accordi con soggetti privati per ottenere un miglioramento della città.
Insomma, pare che le grandi città siano in bolletta e che ci sia bisogno di un reset. Vale per Napoli come per Roma. Ma potrebbe valere per le voci di bilancio nella Sanità in molte regioni italiane. Insomma si balla sul filo del rasoio, tra il galleggiamento e l’apnea. Il tema insomma c’è e riguarda un po’ tutti. A questo punto la domanda è: cos’è la politica senza possibilità di spesa? La spesa pubblica è solo sprechi, inefficienza, mala gestione? Prima o poi occorrerà rivedere alcuni concetti della nostra narrazione politica perché altrimenti non ne usciamo.
Napoli non può essere governata in regime di commissariamento, cioé senza una lettura politica, altrimenti il suo vulcano sociale esploderà in faccia alla politica. Lo stesso, ripeto, vale per altre metropoli come la Capitale. Che nella spesa pubblica ci siano sprechi è fuori di dubbio, ma attenzione a pensare che dall’altra parte del cielo ci siano le virtù: tutt’altro, la finanza è persino peggiore perché all’avidità di chi mal amministra la spesa pubblica aggiunge la spietatezza dei killer. Tu puoi morire, tu puoi vivere, almeno ancora per un poco.
Ieri ho annunciato la mia candidatura a sindaco nella città di Milano proprio perché voglio mettere a nudo la narrazione del re. Milano viene spesso raccontata nella sua veste di città a vocazione internazionale, una città veloce moderna e ricca. No, il tema che Manfredi pone su Napoli (Siamo senza soldi) vale anche per Milano, che però ha trovato un protettore che garantisce: la finanza, le multinazionali, il riciclaggio. Se a Napoli si batte cassa e non c’è risposta, a Milano si batte cassa e si ottengono i soldi del monopoli globalista.
A Milano c’è un pezzo di classe media che sta scivolando in una fascia grigia che si mette in fila, vergognandosi, per un pasto o per un letto. O inforca una bicicletta o uno scooter per consegnare il cibo a domicilio così da far fronte ai debiti. A Milano la casa è diventata un asset di bilancio per fondi speculativi e non quel fulcro da dove sono partiti miracoli familiari e imprenditoriali. A Milano ristoranti e attività commerciali sono aggrediti da riciclatori di denaro sporco o da multinazionali che strappano l’anima imprenditoriale delle nostre città. E che dire delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni fatte per racimolare soldi da mettere nei bilanci: si parla tanto di green, ma dov’è la tutela dell’acqua pubblica? Sicuri che le multi-utilities che gestiscono energia e rifiuti siano migliori (per i cittadini intendo) delle vecchie municipalizzate?
Insomma, anche Milano è una preda del globalismo esattamente come Napoli è stata preda di una classe dirigente stracciona. La differenza sta nel valore di mercato che si dà a una comunità. Ora occorre porsi una domanda: davvero si può pensare di fare a meno dei cittadini, delle famiglie, degli imprenditori, dei lavoratori? Davvero si può pensare che basti vendersi al miglior offerente o portare i libri in tribunale per costruire il futuro? Io penso di no e lo Stato deve tornare a essere sovrano e centrale.