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La legge Zan inventa l'emergenza omofobia che in Italia non c'è

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Andrea Amata
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Il ddl Zan è talmente divisivo che in suo nome si sono formati schieramenti agguerriti per sostenerne o avversarne l'approvazione. Fra i seguaci ci sono coloro che si innalzano sul piedistallo degli illuminati, ammonendo le opinioni ostili come distillatrici di odio. Per i militanti della sessualità polimorfa, che prescinde dalle incontrovertibili attribuzioni biologiche, agisce una sorta di auto-persuasione che li induce a rivestire di infallibilità le proprie opinioni. Per i detentori della supremazia emotiva coloro che la pensano diversamente sono considerati inferiori, inaffettivi, oscurantisti ed estranei al messaggio ecumenico dell'amore.

La legge Zan non si propone di proteggere dalle discriminazioni le coppie omosessuali, che la legge vigente già tutela, ponendosi invece l'obiettivo di cristallizzare in norme le premesse di un percorso che può sfociare nell'autorizzazione a comprare un bambino, a pagare la locazione dell'utero di una donna indigente, a gareggiare in una competizione femminile pur avendo in dotazione la struttura fisica virile di un uomo e ad altre oscenità che qualcuno vorrebbe includere abusivamente nelle "diversità" da tutelare.

Nella controversa legge il tema del "genere" è demandato alla percezione soggettiva, postulando l'identità sessuale come fluida e suscettibile di mutamenti estemporanei. Dunque, la scelta di assegnarsi il genere percepito comporta la transitorietà della autodichiarazione, essendo per l'ideologia gender l'identità sessuale plasmabile dalle mutevoli pulsioni. Non è il segno di una conquista dei diritti civili "regolarizzare" quella che appare una sorta di "Ikea della sessualità" in cui è possibile comporre, scomporre e ricomporre il prodotto dell'identità di genere. Se passasse il liberticida ddl Zan esprimere un'opinione di dissenso, al modello dogmatico del politicamente corretto, verrebbe equiparata al reato di istigazione all'odio e sottoposta allo scrutinio giudiziario.

I diritti sono già riconosciuti ed esercitabili dalle persone indistintamente e a prescindere dal loro orientamento sessuale, essendo la legge uguale per tutti e in quei "tutti" sono annoverati gli eterosessuali, gli omosessuali, i transessuali e i bisessuali. L'universalità delle norme rischia di frammentarsi con la proliferazione di una legislazione in favore di minoranze che per loro stessa definizione dipendono dalla soggettività volubile, che oggi si percepisce di un genere e domani può sentirsi di appartenere a un'altra identità. Ciò è autorizzato da un'ideologia fondata sulla liquidità sessuale che evoca modellabilità, provvisorietà e incompiutezza. La legge in questione non risponde neanche a un'urgenza dettata da diffusi atti discriminatori o di violenza connessi all'orientamento sessuale (che in ogni caso vanno condannati prima di tutto sul piano culturale). Sostenere il contrario significa ritenere l'Italia una succursale culturale dell'Islam, che in alcune regioni mediorientali sanziona i rapporti omosessuali con la pena di morte.

Tuttavia, se analizziamo i dati raccolti dall'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad) sui crimini d'odio per orientamento sessuale-identità di genere, pari a un totale di 107 segnalazioni dal 2016 al 2019, osserviamo l'esatta dimensione di un fenomeno fisiologico che smentisce i fanatici dell'emergenza omofobia. Negli stessi anni di riferimento il monitoraggio dell'Osservatorio del ministero dell'Interno ha rilevato 207 crimini d'odio per disabilità e 805 in ambito razziale e religioso. Sui fatti discriminatori le leggi vigenti contemplano le relative sanzioni, mentre la legge Zan vuole rendere impraticabile l'opinione di dissenso ad un modello di società che ha come orizzonte la decostruzione della famiglia naturale.

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