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Conto alla rovescia per le nomine. Al Tesoro parte il valzer delle partecipate

Filippo Caleri
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Al Ministero dell’Economia hanno acceso i motori per il rush finale  delle nomine. Finora il balletto delle candidature era costruito solo sulla ridda di voci e indiscrezioni. Ora, invece, si fa sul serio. Nella parte finale della scorsa settimana è, infatti, ufficialmente iniziata l’istruttoria tecnica per la valutazione dei candidati segnalati dalle società di cacciatori di teste incaricate di selezionare i curriculum degli aspiranti amministratori, presidenti e membri dei consigli di amministrazione delle circa 500 società pubbliche con poltrone in scadenza. All’interno delle quali sono due quelle di particolare importanza: la Cassa Depositi e Prestiti e le Ferrovie.

 

Gli uomini della struttura del Dipartimento del Tesoro, guidato dal direttore generale Alessandro Rivera, sono all’opera seguendo i dettami della nota siglata dal ministro Daniele Franco (che aggiorna la direttiva del 14 aprile del 2020) sui criteri da rispettare nelle scelte dei nomi. Sono proprio i risultati dell’istruttoria a essere sottoposti all'organo di indirizzo politico per l’esercizio del diritto di socio in assemblea e dunque per assegnare le poltrone. I nominativi in ballo, in particolare, oltre a provenire dai data base delle società di selezione arrivano anche dalla banca dati dello stesso ministero. Insomma quella che si apre è la settimana decisiva per capire quali saranno gli orientamenti del governo sulle due controllate del Mef. Il mantra che circola è quello di assicurare continuità all’azione dei due principali manager in questione: Fabrizio Palermo per la Cdp e Gianfranco Battisti per il gruppo Ferrovie dello Stato.

 

Per quest’ultimo, in particolare, dopo alcuni sussulti per la sua conferma, arrivati dall’ambito dei cinquestelle e dai tentativi dell’area renziana di inserire un loro candidato (l’ex Renato Mazzoncini, azzoppato dai processi in corso) la strada per il secondo mandato sembra spianata. L’attuale ad e dg oltre ad aver tenuto botta alla crisi di viaggio dell’anno del Covid è un esperto del settore. Dunque la persona più adatta per gestire i fondi del Piano di rilancio europeo che alla mobilità su ferro destina ingenti risorse. L’unico cambiamento nella stessa azienda arriverebbe per la presidenza. Uno dei criteri che la direttiva di Franco indica per la scelta è infatti «l’ottimale composizione collettiva, anche per età e genere, degli organi sociali». Una disposizione che apre le porte all’ingresso di una rappresentante femminile nella casella della presidenza. Nessun nome è però ancora noto per l’uscita di Gianluigi Vittorio Castelli.

 

Diversa la partita nella Cdp. Dopo l’indicazione da parte delle Fondazioni bancarie azioniste di Giovanni Gorno Tempini per la presidenza, anche per Palermo il barometro segna la riconferma. Per lui il percorso resta più accidentato. Il manager che ha rivendicato pubblicamente la chiusura di dossier importanti come la fusione tra Nexi-Sia per la creazione di un colosso dei pagamenti digitali (che non è ancora giunta definitivamente in porto però) vede, a contendergli il posto, Dario Scannapieco, un Draghi-boys, attualmente vicepresidente della Banca europea degli investimenti e presidente del cda del Fondo europeo per gli investimenti. Un manager già in corsa tre anni fa per lo stesso incarico e battuto da Palermo grazie agli appoggi  del potente M5s di allora. Oggi i ruoli europei sono però il principale handicap per la sua candidatura. Difficile per Draghi perdere Scannapieco lì dove è ora perché, anche da queste sedi, passeranno le risorse del Pnnr destinate all’Italia. In settimana si scioglieranno i nodi sempre che l’indicazione per la stessa poltrona non arrivi pescando negli elenchi del ministero dell’Economia, dove i curriculum di persone adatte al ruolo, non mancano. Così come il caso di Antonio Agostini, costretto a lasciare il posto di direttore dell’Agenzia del Demanio per far posto alla cognata di Paolo Gentiloni, Alessandra Dal Verme. Agostini è in attesa di ricollocamento. È un avvocato, è stato ufficiale dei Carabinieri, ex segretario generale del ministero dell’Ambiente e funzionario dei servizi segreti. Dalla sua anche il gradimento del centrodestra, e in particolare della Lega. Tutte le carte in regola per entrare nella partita delle nomine. Una cosa è certa. Sarà Draghi in persona, che ben conosce il mondo delle aziende partecipate, a scegliere le persone al comando scavalcando le interferenze e gli appetiti dei politici. Così raccontano è successo  nel ricambio dei vertici di Saipem dove l’indicazione di Francesco Caio nel ruolo di ad sarebbe stata una scelta personale del premier.

Se Palermo fosse costretto a lasciare Cdp per lui si potrebbero aprire le porte di Leonardo, dove l’attuale ad, Alessandro Profumo, rischia di essere impallinato dall’azione di responsabilità promossa da alcuni fondi di investimento che hanno in pancia quote importanti della società.  In quel caso sarebbe un ritorno alle origini visto che Palermo ha nel suo curriculum un’esperienza decennale in Fincantieri.
Un ultima notazione riguarda ancora la Dal Verme. Che è anche presidente del collegio sindacale delle Ferrovie. Il suo arrivo all’Agenzia del Demanio apre la procedura della sostituzione. Ma il condizionale è d’obbligo. Sì perché la compatibilità dei suoi possibili conflitti di interessi con Bruxelles, dove l’eurocomissario Gentiloni è un suo parente, sono stati affidati all’Avvocatura dello Stato da Draghi. Una decisione non semplice a quanto pare. Sono già due i consigli dei ministri nei quali la conferma della sua nomina non è stata ratificata. I rumors spiegano che gli avvocati dello Stato non sanno come uscire dall’impasse per giustificare la sua investitura.

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