traballa la democrazia
Paese nella melma. Non è colpa dei politici, ma della magistratura
Il dato di fondo è il seguente: dal 1992-1994 ad oggi la magistratura ha sommato insieme l'esercizio molto spesso arbitrario del potere giudiziario con quote sempre più rilevanti di potere politico e mediatico. Per di più, in seguito alla crisi delle correnti interne adesso abbiamo magistrati opinion-leaders con cronisti giudiziari e talkshow al seguito che dominano la scena come autentici signori della guerra. Facciamo qualche nome: Greco a Milano, c'era Pignatone a Roma (e la sua sostituzione alla procura sta provocando una sorta di guerra dei Trent'anni), Woodcock a Napoli, Scarpinato in Sicilia, Di Matteo «dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno» (con annessi Giletti e Formigli adoranti e in ginocchio al seguito).
Senonché la stessa magistratura sta implodendo perché non regge questa perversa sommatoria di potere giudiziario, di potere politico, di potere mediatico, per di più senza alcuna regola. Che la situazione sia ormai fuori controllo è dimostrato dal fatto che il Pm Storari, in rottura con il suo procuratore Greco, non ha seguito la via gerarchica e formale per mettere agli atti il suo dissenso, ma si è rivolto al suo leader giudiziario di riferimento, cioè Davigo, che a sua volta non lo ha rinviato alle regole, ma si è messo a trafficare e a pasticciare per mesi in una chiave del tutto personale. Per di più Davigo oltre a magistrati del Csm si è incontrato anche con il sen. Morra presidente della Commissione Antimafia a cui avrebbe mostrato «su un pianerottolo» le carte riservate. Ma su questa ricostruzione i due, pur appartenendo alla stessa tendenza giustizialista, divergono profondamente. Insomma, una versione moderna della repubblica delle banane.
Non sappiamo fino a quando Matterella e il ministro Cartabia potranno continuare a rimuovere il fatto che l'attuale Csm è totalmente destabilizzato (per di più con il Consiglio di Stato che dichiara l'irregolarità della nomina di Prestipino). Ma le cose non si fermano qui. Come ai tempi di Mani Pulite anche adesso siamo di fronte a due pesi e due misure. Forse qualcuno ricorderà che qualche tempo fa con grande clamore mediatico dalle 4 alle 6 del mattino la Guardia di Finanza come polizia giudiziaria, agli ordini della procura di Firenze, ha fatto perquisizioni domiciliari a tappeto e ha sequestrato i telefonini di persone non indagate, ma che però avevano finanziato in bianco, con tanto di ricevuta, la fondazione Open, vicina a Matteo Renzi, accusata di finanziare l'attività politica del leader di Italia Viva. Al di là del fatto che anche questa vicenda mette in evidenza l'autentica follia commessa da Enrico Letta, allora presidente del Consiglio, che abolì il finanziamento pubblico dei partiti con conseguenze catastrofiche, è incredibile il fatto che invece di fronte alle rivelazione dell'avvocato Amara sull'esistenza di una loggia occulta denominata Ungheria il procuratore Greco si è messo sostanzialmente a fischiettare per più di un anno non facendo nessun accertamento su una questione che poteva essere o un falso, o mezza vera e mezza falsa, o del tutto vera.
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In uno Stato di diritto l'unico modo per accertarlo era inviare qualche avviso di garanzia e fare anche qualche intercettazione telefonica. Nulla di nulla. In questo vuoto di accertamenti giudiziari regolari si è inserito «il corvo» che spedisce i verbali sul caso a Repubblica e a II Fatto che però, per la prima volta nella loro esistenza, non pubblicano niente e addirittura vanno in procura. Allora non possiamo fare a meno di avanzare un paio di interrogativi: se invece di «loggia segreta» si parlasse di una lobby sostanziale non si arriverebbe più vicini alla realtà? Dopo la vicenda P2 oggi chi va a cercar guai aderendo a una cosiddetta loggia segreta? Mentre di lobby formali e sostanziali è piena l'Italia e attualmente stanno lavorando a ritmi molti intensi di fronte al Recovery Plan. In secondo luogo, alcuni dei nomi circolati appartengono davvero all'establishment, al potere reale di questo paese e per di più non sono amici di Berlusconi e di Salvini facilmente demonizzabili. E allora, a essere un po' maliziosi, ecco il risultato: Greco tiene ferme le cose per mesi, Repubblica e II Fatto, terrorizzati, portano il tutto in procura. Interrogativo finale: la dottoressa Contrafatto è o no il corvo che ha mandato in giro i plichi? Se non lo è, qualcuno, la magistratura inquirente, deve chiederle scusa. Se invece è lei, lo ha fatto «sua sponte» o qualcuno dotato di autorità le ha detto di farlo? E poi, perché l'uso del trojan per Palamara e non per Amara che parla addirittura di una loggia segreta? Forse si aveva paura di ascoltare troppe cose. Come è evidente da tutto de', per usare un eufemismo, siamo nella melma, ma la responsabilità di questa situazione questa volta non è dei partiti, brutti, sporchi e cattivi, ma della magistratura associata e di chi si astiene dall'intervenire su di essa.