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Mario Draghi sia celebrato per le riforme e non per lo stipendio

Angelo De Mattia
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Non è infondata - o comunque ha una sua plausibilità - a mio avviso, la possibile motivazione, prospettata da Franco Bechis, del "gran rifiuto" del trattamento economico spettante al Presidente del Consiglio da parte di Mario Draghi: evitare eventuali polemiche nei confronti di un pensionato pubblico, qual egli è, che verrebbe a percepire nuovi emolumenti pubblici propri di chi è "in servizio". Il comune pensionato non potrebbe, infatti, operare il cumulo. In ogni caso, la decisione è stata enfatizzata dalle cronache, in coerenza con l'attribuzione del carattere taumaturgico a tutto ciò che Draghi fa, fino a descrizioni umilianti per la "captatio benevolentiae" da cui appaiono animate.

 

 

Tuttavia, chi adotta una decisione stando al vertice del Governo deve pensare anche all'Organo e a coloro che in futuro succederanno nella carica, non solo alla propria condizione. Non potrà e non dovrà accadere, insomma, che chi, in ipotesi, non rifiuterà la retribuzione spettante al Premier automaticamente sarà posto in un gradino inferiore, riceverà uno stigma e sarà tacciato di "cupiditas adpiscendi", perché l'alta carica sarà di fatto diventata gratuita e, dunque, conseguibile solo da chi abbia propri sostanziosi mezzi economici. Si ritornerebbe così agli incarichi per censo. Circoscrivere, con una adeguata comunicazione, la decisione assunta da Draghi, senza dare ad essa una valenza generale, ma spiegandola come rispondente all'esigenza avvertita da chi fruisce già di cospicui introiti, sarebbe stato opportuno. Ma vi è qualcosa in più.

Ricordo che un mio collega in Banca d'Italia, ispettore superiore della Vigilanza bancaria con una straordinaria esperienza, dopo un certo periodo trascorso dalla cessazione dell'incarico per pensionamento (una sorta di embargo), prima di assumere una funzione di consulenza esterna, sottopose il suo orientamento all'allora Governatore Carlo Azeglio Ciampi. Il Governatore, dopo che si era genericamente parlato della remunerazione, rappresentò l'opportunità che l'ex ispettore, in relazione al lavoro che avrebbe prestato, fosse remunerato molto bene o che, diversamente, rinunciasse a qualsiasi ricompensa. L'intento chiaro era quello di valorizzare, in entrambe i casi, il ruolo dell'istituzione di provenienza, pur preferendo, Ciampi, la seconda ipotesi, ma sempre per fare risaltare la funzione della Banca centrale, non certo chi avrebbe beneficiato della consulenza.

A fronte della scelta di Draghi, di cui riconosco motivazioni e finalità, apprezzo molto di più, come indirizzo di parsimonia ovviamente da collocare nell'evoluzione della realtà odierna, il Luigi Einaudi, grande governatore della Banca d'Italia, che si scusa con De Gasperi - il quale si era recato a Via Nazionale per proporgli l'entrata nel Governo - di avere ancora la barba incolta perché si era rotto il rasoio e aveva dovuto farlo riparare. Lo stesso Einaudi, Presidente della Repubblica, che divideva con l'ospite una pera perché troppo grande per una sola persona, al termine di una colazione di lavoro. A questo punto, si può definitivamente archiviare la vicenda e passare a trattare delle politiche di Draghi e del Governo in un periodo cruciale per il futuro del Paese? O si aprirà una fase di ricerca sui diversi trattamenti ed introiti?

 

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