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Ristori, Gianluigi Paragone smaschera il governo sui soldi: "Abbondano solo per Mps"

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Gianluigi Paragone
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Ma voi avete preso soldi dal governo, sì o no? Alla fine della giostra, tra sostegni ristori e rinforzini, l’unica domanda che mette a nudo il giochino è appunto questa: avete preso i soldi, sì o no? Se sì, allora il campo della maggioranza è giusto che si riempia di consenso; se no, allora significa che le promesse e le parole si sono trasformate in colossali bugie.

E’ un anno che leggo titoli sulla montagna di soldi in arrivo, specie grazie alla Grande Madre Europa. Eppure il malcontento è crescente, perché a fronte di mancanza di liquidità o di sofferenze pregresse si cumulano regole assurde, coprifuoco, pass vaccinali e multe da pagare. Pochi giorni fa 30mila tifosi dell’Inter hanno invaso piazza del duomo per festeggiare lo scudetto; lo hanno fatto indisturbati perché nessun questore o prefetto ordina agli agenti di caricare 30 mila persone. Ora, mi domando: si può festeggiare uno scudetto, ma perché non un matrimonio? Perché il più forte ha ragione sulle regole e si è visto. Plasticamente.

Altrettanto plasticamente si nota la protezione del sistema rispetto alla vicenda Montepaschi. Sfondando il muro dell’assurdo, il governo riesce a tenere tutto sotto traccia. Silenzio rispetto all’azione di responsabilità verso Alessandro Profumo, il ceo di Leonardo (una partecipata di Stato quotata in Borsa), condannato per gravi reati finanziari; e silenzio anche rispetto a quanto sta sempre più emergendo sugli ultimi bilanci della banca senese.

Ieri infatti sono state depositate seimila pagine di perizia su incarico del gip di Milano circa la corretta contabilizzazione nei bilanci di Mps delle rettifiche su crediti dopo le ispezioni degli ispettori di Bankitalia prima e della Bce dopo, avvenute tra il 2012 e il 2017. Stando alla perizia, tra il 2012 e il 2015 Montepaschi non ha contabilizzato tempestivamente nei propri bilanci tali rettifiche su crediti per complessivi 11,42 miliardi di euro, pari a 7,77 miliardi al netto dell'effetto fiscale, importo pressoché analogo agli 8 miliardi chiesti al mercato con gli "aumenti di capitale avvenuti fra il 2014 ed il 2015".

Come mai tutto questo imbarazzo da parte dell’ex governatore oggi premier Mario Draghi ad affrontare la situazione? Di quali verità hanno paura lui, il ministro dell’economia Daniele Franco (ex Ragioniere Generale dello Stato), o il Partito democratico “dominus” in quel di Siena e partito dell’ex ministro Pier Carlo Padoan (il ministro del 64% pubblico in Mps) oggi presidente di UniCredit?

Le questioni bancarie sono complicate da spiegare ai cittadini, ma se il popolo sapesse che i suoi soldi sono stati spesi per coprire strane ricapitalizzazioni di una banca - i cui manager sono stati condannati in primo grado per aver sostanzialmente truccato i bilanci -  allora forse qualche antenna di drizzerebbe. Qui non si parla di ristori dati col contagocce e persino male; qui si parla di miliardi scritti con l’inchiostro simpatico.

Scrivono i periti dell’accusa: "Le procedure e le direttive" in tema di contabilizzazione dei crediti deteriorati di Mps "sino al 2017 sono risultate generiche, lacunose e, di conseguenza, totalmente inefficienti per una corretta classificazione e valutazione dei crediti", consentendo "comportamenti quantomeno non omogenei e discrezionali da parte dei valutatori del credito" della banca "con conseguente violazione della normativa e dei principi contabili internazionali in materia" e produzione di "impatti quantitativi di assoluto rilievo". In parole povere, se avessero contabilizzato i crediti deteriorati in maniera corretta la perdita del 2013 sarebbe aumentata da 1,44 a 4,47 miliardi e quindi trasformato per incanto i quasi 390 milioni di utile del 2015 in un 'rosso' di quasi 4,3 miliardi, riducendo in maniera speculare le perdite del 2014, 2016 e 2017, esercizi ai quali le svalutazioni sono state rinviate. Ora, mentre si ipnotizza il Paese tra coprifuoco e ristori, il vero potere si fa forte della gommosità del palazzo.
 

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